Nella mattinata di oggi, 3 marzo 2023, è stata depositata in Procura a Roma un’istanza per chiedere la riapertura delle indagini sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Il celebre poeta, scrittore e regista venne assassinato ad Ostia il 2 novembre del 1975.
Tuttavia, anche a distanza di anni, la dinamica dell’assassinio non sembra essere del tutto chiara. L’atto, redatto da dall’avvocato Stefano Maccioni, a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti, chiede, dunque, di approfondire ulteriormente le indagini per scoprire a chi appartengano i tre Dna individuati dai carabinieri del Ris nel 2010 sulla scena del crimine.
Omicidio Pasolini, chiesta la riapertura delle indagini: “Verificare i tre Dna”
Anche a distanza di quasi 48 anni dalla violenta morte dello scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, si continua a scavare per cercare di far luce su alcuni misteri irrisolti. Pasolini venne massacrato a morte nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia e per la commissione Antimafia vi sarebbero delle possibili connessioni con il furto della pellicola originale “Salò o le 120 giornate di Sodoma”.
Oggi, nella complessa vicenda sull’assassinio del regista viene aggiunto un nuovo tassello. Secondo l’avvocato Stefano Maccioni che ha redatto l’istanza depositata questa mattina in Procura a Roma, è fondamentale la riapertura delle indagini sull’omicidio per accertare se sul luogo del delitto vi fossero anche altre persone oltre all’unico aggressore individuato all’epoca.
I carabinieri del Ris, infatti, trovarono altri tre Dna sulla scena del crimine.
In proposito, il legale ritiene: “Quella notte all’Idroscalo di Ostia, Pino Pelosi, l’unico condannato definitivamente a 9 anni e 7 mesi, non era solo, ci sono almeno tre tracce, tre ‘fotografie’ di persone e ciò giustifica il perché, dopo quasi 50 anni, è ancora possibile arrivare ad una verità giudiziaria. Una verità che si baserebbe su dati scientifici, sulla presenza di tre Dna: da qui si deve partire per svolgere le indagini per accertare a chi appartengono”.
Le indagini precedenti, i possibili moventi del delitto
Nel presentare l’istanza di riapertura del fascicolo l’avvocato Maccioni ha spiegato quali sono state le piste seguite fino ad oggi dagli inquirenti e quali sono i punti ancora da chiarire:
“Nella prima indagine, vennero esaminati circa 30 Dna ma oggi è tempo di fare verifiche più diffuse tenendo presenti anche le dichiarazioni di Maurizio Abbatino, esponente della Banda della Magliana, che alla Commissione Antimafia dà una giustificazione sul perché Pasolini si recò all’Idroscalo di Ostia: non era lì per consumare un rapporto sessuale occasionale con Pino Pelosi, con il quale lo scrittore e regista aveva già una relazione, ma per riottenere le pizze del film ‘Salo’, le 120 giornate di Sodoma’ che gli erano state sottratte e a cui teneva tantissimo“.
Per i presentatori dell’istanza, dunque, Pasolini cadde “in una trappola e venne picchiato a morte. Nell’istanza di centinaia di forniamo molti elementi, tante tessere che i magistrati devono mettere insieme”.
Nella relazione dell’Antimafia, citata dall’avvocato, venivano sottolineate delle inchieste di giornalismo investigativo che avrebbero “definitivamente sgretolato l’iniziale ipotesi, purtroppo allora sostenuta dai mezzi di comunicazione e da alcune pronunce giurisdizionali, secondo cui l’assassinio dello scrittore sarebbe stato solo il tragico esito di un incontro sessuale sfociato estemporaneamente in una aggressione da parte di un unico individuo e cioè Pino Pelosi condannato in via definitiva per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini”.
Se si considerano le recenti ricerche, l’Antimafia, lo scorso dicembre, aveva messo in luce la presenza di “omissioni particolarmente gravi rispetto agli accertamenti immediati che si sarebbero dovuti svolgere” come “la mancata audizione dei testimoni che abitavano nelle baracche della zona e che avevano udito quanto avvenuto quella notte e che avrebbero sin dal principio dato conto dell’evidenza che l’aggressione fu condotta da numerose persone” o “la mancanza, dopo l’omesso confinamento della zona ove il delitto era avvenuto, di approfondite perizie sulle gravi ferite riportate da Pasolini e sui mezzi con i quali queste erano state inferte”.
In merito all’unico condannato per l’aggressione mortale di Pier Paolo Pasolini, l’avvocato Maccioni ha dichiarato:
“Pino Pelosi? Ritengo che sia stato un grande depistatore: mi sono sempre chiesto perché si sia utilizzato un ragazzino di 17 anni, se davvero avesse saputo che cosa fosse accaduto all’Idroscalo di Ostia. Il mio più grande dubbio è che lui non sapesse neanche cosa fosse successo: la mia perplessità, ripeto, è che si sia usato un ragazzo di 17 anni per coprire un fatto di questa gravità“.
Infine, sul presunto coinvolgimento della banda della Magliana ha aggiunto: “C’è un’ombra importante, perché il testimone chiave, lo dico dal 2015, Ubaldo De Angeli, era il proprietario del bar dove la banda della Magliana si ritrovava”.