La Festa della Donna sarà dedicata a Mahsa Amini. Una campagna istituzionale andrà in onda da lunedì 6 marzo sulle reti Rai, radio e tv, e sui social, lo spot promosso dalla Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella, ideato e realizzato dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria guidato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alberto Barachini.

La campagna di comunicazione istituzionale, #ilcoraggioèdonna, celebra la Giornata Internazionale dei diritti della Donna, dedicando questo 8 marzo a Mahsa Amini, morta in Iran dopo essere stata arrestata per aver indossato il velo in modo non corretto e a tutte le donne che lottano per vedere riconosciuti e rispettati i propri diritti fondamentali.

Essere libere – recita la voce di Pegah Moshir Pour – vuol dire poter studiare e decidere chi diventare. Poter uscire di casa con i capelli scoperti senza paura di essere arrestate o di perdere la vita. Avere l’opportunità di guadagnarsi da vivere e veder riconosciuto, equamente, il proprio lavoro. Vuol dire scegliere di costruire una famiglia in pace, lontano dalla violenza e dalla guerra. Il coraggio è donna come la libertà”.

Chi è Pegah Moshir Pour?

Lucana di origini iraniane, Pegah Moshir Pour è un’attivista e content creator. Il suo nome è diventato popolare cinque mesi fa, quando, dopo la morte di Masha Amini, in Iran sono esplose delle proteste senza precedenti. Quando aveva 9 anni, Pegah è stata costretta a lasciare Teheran per arrivare in Basilicata assieme alla sua famiglia. In quegli anni, le violenze e la repressione del regime islamico si fecero fortissime, al punto da indurre diverse famiglie a scappare dal paese. Per questa ragione oggi la sua voce è tutta a sostegno delle proteste delle donne e degli uomini, esplose dopo la morte di Masha Amini a cui sarà dedicata la Festa della Donna.

Festa della Donna Mahsa Amini, chi era?

Mahsa Amini, ventiduenne residente a Saqqez, nella provincia del Kurdistan (Iran occidentale), fu arrestata a Teheran il 13 settembre 2022 dalla polizia religiosa, dove si trovava con la sua famiglia in vacanza, a causa della mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo. Durante il trasporto alla stazione della polizia fu detto loro che la giovane sarebbe stata condotta in un centro di detenzione per essere sottoposta a un breve corso sul hijab e rilasciata entro un’ora.

La giovane è in seguito deceduta in circostanze sospette il 16 settembre, dopo tre giorni di coma in seguito alle ferite riportate. Il giorno del decesso, la clinica dove era stata ricoverata Amini diffuse un post sulla sua pagina Instagram dove si affermava che la giovane era già cerebralmente morta quando è stata ricoverata. In seguito, però il post di Instagram è stato cancellato. Il fratello Kiaresh, durante il ricovero, aveva notato dei lividi sulla testa e le gambe della sorella. Un certo numero di medici ha ritenuto che Mahsa avesse subito una lesione cerebrale, tra cui sanguinamento dalle orecchie e lividi sotto gli occhi, con fratture ossee, emorragia e edema cerebrale

La ragazza, infatti, presentava ferite riconducibili a un pestaggio, nonostante le dichiarazioni della polizia affermassero che era deceduta a seguito di un infarto. Testimoni oculari affermarono che era stata picchiata e che aveva battuto la testa. L’incidente avrebbe causato un’emorragia cerebrale. La morte di Mahsa Amini sarebbe diventata un simbolo di violenza contro le donne sotto la Repubblica islamica dell’Iran. Il presidente Ebrahim Raisi ha chiesto al ministro dell’Interno Ahmad Vahidi di aprire un’indagine sull’accaduto.

Dopo la morte di Mahsa Amini, si sono scatenate diverse proteste in Iran. Amnesty International ha chiesto un’indagine sulla sua morte. Il 22 settembre il gruppo informatico Anonymous ha interrotto diversi siti web controllati dal governo iraniano e affiliati allo Stato come simbolo di sostegno delle proteste, alle quali si sono uniti anche diversi personaggi influenti: Javaid Rehman, relatore speciale delle Nazioni Unite, ha espresso il suo rammarico riguardo la vicenda affermando che questa è “segno di diffusa violazione dei diritti umani in Iran”.

Anche il ministero degli Esteri francese e il segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken hanno condannato la vicenda. L’ayatollah iraniano Bayat-Zanjani ha affermato che la Guidance Patrol “non è solo un organismo illegale e antislamico, ma anche illogico. Nessuna parte delle leggi del nostro Paese assegna alcuna missione o responsabilità a questa forza di vigilanza. Quest’organo di polizia commette solamente atti di repressione e immorali”.