Ales Bialiatski condanna. Il Premio Nobel per la pace Ales Bialiatski è stato condannato a dieci anni di reclusione. A renderlo noto il centro per i diritti umani da lui fondato a Viasna. In un comunicato si apprende che il 60enne è stato condannato per contrabbando e finanziamento di “attività che violano gravemente l’ordine pubblico”. Bialiatski è in carcere dal luglio 2021 insieme ad altri esponenti del centro per i diritti umani. Il processo aveva avuto inizio a gennaio. I suoi collaboratori e coimputati nel processo,Valentin Stefanovich e Vladimir Labkovich, sono stati condannati rispettivamente a nove e sette anni di reclusione.
Ales Bialiatski condanna, chi è
Ales Bialiatski è noto soprattutto per essere il presidente della ONG per i diritti umani Viasna, fondata dal 60enne, nel 1996 per dare assistenza finanziaria e legale ai prigionieri politici in Bielorussia e alle loro famiglie. In questi anni ha contribuito a mantenere attivo il movimento bielorusso per la democrazia a partire dagli anni Ottanta. Nel 2020 fu arrestato per aver partecipato alle proteste di massa che avevano seguito la vittoria di Lukashenko alle ultime elezioni in Bielorussia, che l’opposizione e le organizzazioni indipendenti a livello internazionale avevano considerato truccate. Dal 2011 al 2014 era stato già in prigione con l’accusa di evasione fiscale che lui aveva sempre negato e che, come quelle più recenti, erano ritenute da molti politicamente motivate. Il processo nei suoi confronti ha preso il via a Minsk a gennaio. Il comitato del Premio Nobel gli aveva conferito il riconoscimento con la seguente motivazione: “Ha dedicato la sua vita a promuovere la democrazia e lo sviluppo pacifico nel suo Paese. Nonostante le enormi difficoltà personali, Bialiatski non ha ceduto di un centimetro nella sua lotta per i diritti umani e la democrazia in Bielorussia”. Nella sua vita, ha condotto diverse campagne non violente e apartitiche per sostenere le libertà di una vivace società civile, impegnato contro la pena di morte.
Myanmar, Premio Nobel San Suu Kyi condannata a 3 anni di carcere
Il Tribunale di Myanmar controllato dalla giunta militare aveva condannato il premio Nobel Aung San Suu Kyi ad altri tre anni di carcere per frode elettorale. Ora la donna rischia decenni di carcere alla fine del lungo processo. Aung San Suu Kyi è stata messa in isolamento in una prigione di Naypyidaw alla fine di giugno. Il processo si continua a svolgere a porte chiuse con il divieto degli avvocati di parlare con la stampa. La giunta ad agosto ha detto di essere pronta ad aprire negoziati con Suu Kyi una volta terminato il suo processo. All’età di 15 anni, Aung San Suu Kyi aveva lasciato la Birmania per seguire la madre diventando poi ambasciatore in India. Verso la fine degli anni Ottanta, ha iniziato la carriera politica e in favore dei diritti umani. Suu Kyi inizia a tenere comizi davanti a centinaia di migliaia di dimostranti e rapidamente diventa una leader dell’opposizione. In questa veste, decide quindi di non lasciare la Birmania e comincia a viaggiare in tutto il Paese predicando un cambiamento democratico. Nel 1991 le viene assegnato il Premio Nobel per la Pace poi ritirato nel 2012. Nel 1999 i generali le offrono la possibilità di visitare il marito malato a condizione però di non rientrare più in Birmania, ma Suu Kyi rifiuta. Il 30 maggio 2003 si salva da un agguato in cui muoiono alcune persone. Dopo quest’episodio viene di nuovo messa agli arresti domiciliari, con relativo peggioramento della sua salute. Nel 2020 il partito di Aung San Suu Kyi, la Lega Nazionale per la Democrazia, vince di nuovo le elezioni politiche in Myanmar. Il generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate, contesta i risultati del ballottaggio e ne chiede la riverifica, ma la commissione elettorale respinge le accuse. L’1 febbraio 2021 le forze armate birmane mettono in atto un colpo di Stato e arrestano Aung San Suu Kyi e altri leader del partito al governo, scatenando nel Paese proteste di massa che vengono violentemente represse. Il 6 dicembre 2021 Aung San Suu Kyi viene condannata a 4 anni di carcere per le accuse di incitamento al dissenso contro i militari e violazione delle misure anti Covid.