Crotone naufragio migranti. Da giorni non si parla d’altro, la tragedia che si è consumata a Crotone ha lasciato tutti a bocca aperta. Il naufragio avvenuto il 26 febbraio di un’imbarcazione che si è spezzata in mare davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro, nel crotonese, in Calabria, ha portato alla morte di circa 70 morti e tante persone sono disperse, altre, invece, sono state salvate e soccorse subito sulla spiaggia.

Le indagini continuano, intanto, oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è atterrato all’aeroporto Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, ha poi raggiunto in auto l’ospedale San Giovanni di Dio dove sono ricoverati dei superstiti. Successivamente il presidente si è spostato al Palamilone, la struttura sportiva dove si trovano le bare delle vittime.

Crotone naufragio migranti, la testimonianza di un pescatore

Da giorni si discute e riflette sul fatto che tale tragedia sarebbe potuta essere risparmiata, eppure, ancora una volta sono tante le persone che hanno perso la vita per l’errore di qualcun altro. Inoltre, c’è chi non si dà pace per quanto accaduto, nonostante abbia fatto di tutto per tentare di salvare almeno qualcuno, senza, però, alcuna possibilità.

E’ questo il senso di colpa che non farebbe dormire e mangiare un pescatore di 51 anni di nome Vincenzo che Repubblica ha intervistato. La sua è una testimonianza che lascia il segno e fa pensare, dalle sue parole, infatti, emerge la rabbia di chi ha tentato ma non è riuscito a mettere in salvo nessuno.

Ho preso un bambino, pensavo che fosse vivo e mi sono tuffato in acqua vestito. Era un bambino di 2/3 anni, quando l’ho tirato fuori aveva ancora gli occhi aperti. Ho detto: ‘Questo lo salvo‘. Ma non è andata così: la mia rabbia è quella di non essere riuscito a salvarne neanche uno – così ha raccontato Vincenzo – Non ero pronto per questo, sono stato preso dal panico… ho visto 10 corpi tutti uno sopra l’altro“. E poi quel magone allo stomaco che non lo lascia riposare: “Quando chiudo gli occhi mi torna alla mente quel bambino. Se fossi arrivato un minuto prima, 20 secondi prima, magari avrei potuto salvarlo. Ho un senso di colpa”.

Il pescatore ha raccontato di aver ricevuto una telefonata nel cuore della notte da un amico del naufragio in corso. Quest’ultimo aveva visto che la barca con centinaia di migranti a bordo stava avendo delle difficoltà. Così, Vincenzo non ha perso tempo ed è arrivato in spiaggia con l’intento di tirare fuori dal mare i cadaveri ed evitare che la risacca li trascinasse al largo. Non era ancora consapevole, però, della gravità della situazione.

Uomini, donne, bambini inghiottiti dal mare, altri salvati per miracolo che urlavano con strazio e un’atmosfera surreale che non potrà mai dimenticare. “Quando sono arrivato a casa mia moglie mi ha visto stravolto. Mi ha detto: ‘Te l’avevo detto di non andare, perché era qualcosa di grave’“.

Dubbi sui soccorsi

E’ evidente che qualcosa non abbia funzionato ed proprio su questo argomento che ci si interroga: il naufragio avvenuto a Crotone poteva e doveva essere evitato, ma qual è stato l’errore? In questi giorni è emerso che una complicata burocrazia di competenze e l’assenza di un SOS possono essere i due fattori che hanno causato la tragedia.

Il lasso di tempo da considerare per le indagini è di circa sei ore, dalle 23.03 di sabato sera, quando un aereo Frontex avrebbe segnalato la presenza del barcone a 40 miglia dalla costa crotonese dopo averla notata mezzora prima, fino alle 4.00 circa di domenica, cioè il momento in cui il barcone si è schiantato contro una secca. Sos assenti, nessuna attivazione delle procedure Sar di ricerca e salvataggio e un messaggio di allerta inviato quasi un giorno prima del naufragio, 17 ore dell’avvistamento del caicco da parte del Centro di coordinamento dei soccorsi marittimi della Guardia Costiera (Imrcc).