La commissione di un tribunale della California ha negato per la sedicesima volta all’assassino di Robert F. Kennedy, fratello minore di JFK, di tornare in libertà vigilata. L’uomo, oggi 78enne, arrestato dopo l’uccisione del senatore nel ’68, è in carcere da cinquantacinque anni, ma per l’accusa, nonostante abbia mostrato di essersi pentito, è considerato ancora pericoloso.
Morte Bob Kennedy: chi è l’assassino, in carcere dal 1968
Si chiama Sirhan Sirhan, l’uomo di origini palestinesi, oggi 78enne, accusato di aver ucciso il senatore e candidato presidenziale democratico Robert F. Kennedy, fratello minore di John Fitzgerald Kennedy, nel 1968. Era la notte tra il 5 e il 6 giugno e il politico, uscito vincitore dalle primarie in California come candidato alla presidenza degli Stati Uniti per il Partito Democratico, aveva incontrato i suoi sostenitori per festeggiare nella sala da ballo dell’Ambassador Hotel di Los Angeles. Qui, secondo le ricostruzioni, era stato colpito ripetutamente con un revolver calibro 22 maneggiato proprio da Sirhan, immediatamente fermato per l’omicidio e reo confesso. L’uomo, un cittadino giordano di origini palestinesi, dichiarerà di aver agito “per il suo Paese”, spiegando di essersi sentito tradito da Bob Kennedy per il suo sostegno a Israele nella guerra dei sei giorni, iniziata un anno e un giorno prima dell’attentato.
Condannato a morte nel 1972, l’uomo ha poi beneficiato di un mutamento della pena in ergastolo e si trova in carcere da ormai cinquantacinque anni. Più volte – sedici, in totale – gli è stato negato di tornare in libertà vigilata, nonostante la sua legale abbia cercato di dimostrare – con l’aiuto di diversi psichiatri – che difficilmente potrebbe ancora rappresentare un pericolo per la società, essendo ormai consapevole di ciò che ha commesso e provando pentimento. “Per trasformare il peso delle mie azioni in qualcosa di positivo – ha dichiarato l’uomo -, ho dedicato tutta la mia vita a migliorarmi e ad aiutare gli altri in prigione a come fare per vivere una vita pacifica e non violenta. Facendo questo garantisco che nessun’altra persona sarà vittima delle mie azioni”. Una versione a cui i giudici non hanno mai creduto, ritenendolo ancora pericoloso. Solo un paio di anni fa, un altro organismo, chiamato a decidere sulla libertà condizionata, aveva votato sì: poi, nel 2022, il governatore della California, Gavin Newsom, aveva deciso di respingere la richiesta, definendo il detenuto “una minaccia per la società” e una persona che “non si è assunta la responsabilità di un crimine che ha cambiato la storia americana”.
La difesa di Sirhan, sostenuta dall’avvocato Angela Barry, è convinta che la decisione sia stata influenzata dai legali che rappresentano la vedova Kennedy e i suoi figli, molti dei quali si erano opposti al rilascio del detenuto. Lui si è detto invece pentito. All’epoca del fermo, quando aveva ancora ventiquattro anni, nel suo appartamento era stato ritrovato un quaderno-diario in cui raccontava il suo odio nei confronti del senatore democratico. “La mia determinazione di eliminare R.F.K. sta diventando sempre più un’ossessione che non posso allontanare – scriveva -. Kennedy deve morire prima del 5 giugno”. Alla fine aveva portato a termine la sua missione, cosa per cui sta ancora pagando.
Le teorie del complotto dietro l’assassino di Kennedy
Sono state tante, negli anni, le ipotesi complottiste avanzate in riferimento alla morte di Bob Kennedy: alcuni sospetti riguardano la distruzione di migliaia di foto e reperti della scena del delitto, in particolare un audio registrato involontariamente da un reporter polacco nel corso dell’attentato che, analizzato con moderne tecnologie, aveva permesso di ricostruire che i colpi sparati erano stati tredici e non otto, come ipotizzato dagli inquirenti. C’è chi pensa, quindi, che possa essere coinvolto nell’omicidio un altro killer: versioni che, comunque, non sono mai state confermate.