Shahida Raza, dai paesaggi della montagna di Quetta alla spiaggia di Cutro. Dal desiderio di cambiare vita per sé e la sua bimba alla morte, desolante sola e disperata. Era una brillante giocatrice di hockey su prato, ora è dentro una delle 67 bare che si trovano a Crotone. Il suo era il viaggio della speranza, della libertà, ma alla fine si è trasformato in un incubo e un inferno senza fine.
Shahida era di nazionalità pakistana, capitano della nazionale di hockey su prato, ma anche giocatrice di pallone che ha trovato la morte in mare. Era tra i 67 migranti che sono morti nella notte tra sabato e domenica 26 febbraio a Cutro.
E’ la triste storia di una ragazza di 27 anni partita dal Pakistan in fretta e furia per trovare la felicità in Europa. Era di Quetta, era stimata e adorata dalla sua famiglia, ma non eta felice per via delle persecuzioni che ci sono nel suo paese. Aveva una figlia di cinque anni, aveva pensato di andare in Europa, di trovare un posto dove poter vivere, lavorare e preparare il terreno per la sua bimba e farla crescere senza problemi e senza paura.
Si chiamava Shahida Raza, dal 2012 era il capitano del Pakistan, per tutti era Chintoo, il suo soprannome. Era attiva, forte e carismatica. Aveva gli occhi scuri e una incredibile voglia di cambiare la propria vita per la sua bimba, ma il viaggio che ha intrapreso era troppo difficile, complicato e alla fine ha trovato la morte. Ha affidato la sua vita a persone senza scrupoli che da lei hanno preso 4000 euro.
Shahida Raza. Mamma single, attivista e perseguitata
Più si va avanti, più si cerca di capire chi fosse Shahida, più ci si rende conto della disperazione di questa giovane donna. Era una calciatrice ma anche e soprattutto capitano della nazionale femminile di hockey su prato del Pakistan. Credeva nelle persone, nei suoi ideali e dello sport. Giocava a calcio e a hockey. Per otto stagioni ha rappresentato il Balochistan United nel calcio femminile, squadra della città di Quetta famosa nel mondo per il tentativo di tenere assieme giocatrici di varie etnie in nome dell’integrazione.
Shahida era la mamma di una bambina di cinque anni, ma a quanto sembra la figlia non era con lei sull’imbarcazione. La sua morte è stata confermata dalla Pakistan Hockey Federation. La stessa federazione che si dispiaceva per quanto accaduto ma che nel comunicato ha parlato della sua morte per via di un tragico incidente. Già, proprio così perché da quelle parti si tende a nascondere tutto e a non far emergere la paura che vive la gente ogni giorno.
Ed era proprio quella paura, quell’irrefrenabile voglia di non averne più che ha spinto Shahida a lasciare il Pakistan. E’ partita dalla Turchia e ha affrontato il viaggio stipata nella stiva in condizioni disumane. E’ fuggita perché era di etnia hazara e questa comunità negli anni è stata oggetto di attacchi mortali, di assassini, tanto che la stessa comunità, in lutto per la morte di Shahida Raza, teme che ci possano essere rappresaglie. Shahida era un’attivista, una di quelle che non mollava mai. In campo e nella vita di tutti i giorni. “Non mi stanco mai, se fosse per me giocherei ore e ore, ma poi devo tornare alla vita reale e pensare alla mia famiglia”, le sue parole che fanno capire che tipo di carattere e che persona fosse.