Elly Schlein ha vinto le primarie del Pd e Stefano Bonaccini, come promesso già nel discorso di sconfitta, vuole lavorare con la neosegretaria per il rilancio del partito di via del Nazzareno. Naturalmente non è una collaborazioni che potrà instaurarsi sic et simpliciter ma che dovrà passare per inevitabili, e profonde, conversazioni tra le parti. L’area Bonaccini è a disposizione ma non transige su alcune questioni che ritiene fondamentali. Due sarebbero – spiegano fonti dell’AGI – le condizioni necessarie a partire che vengono chieste all’area di Schlein: la certezza che i dem non deraglino dai binari dei valori alla base della nascita del partito. E che ci sia un confronto vero fra la stessa Elly Schlein e Stefano Bonaccini: “Devono parlarsi”, dice una fonte parlamentare dem che ha sostenuto Bonaccini al congresso. È ancora attesa la telefonata tra i due. Non si sono sentiti direttamente, quindi, ma le rispettive diplomazie si sono messe al lavoro questa mattina, viene riferito, dando di fatto inizio al confronto in vista della assemblea di domenica 12 marzo. Sarà quello il momento dell’investitura ufficiale di Elly Schlein e dell’insediamento dell’ufficio di presidenza e degli altri organi statutari, compresa l’elezione del Tesoriere.
Bonaccini e Schlein, lavori in corso per il bene del Pd: nodo nomine
Tornando alla linea auspicata dai bonacciniani: “Occorre – riferisce una fonte all’AGI – tenere fermi i fondamentali”. Ovvero, la linea sula politica estera e di difesa, per dirne una. È nota la paura, interna al partito, di un riposizionamento di Elly Schlein sul tema della guerra in Ucraina. Anche se, a ben vedere, il suo inner circle ha già fatto filtrare rassicurazioni in tal senso. Si auspica, forse, una parola diretta della Segretaria.
Un altro fondamentale che l’area Bonaccini difende è quello che riguarda gli iscritti: “E’ un errore sminuire, come fa qualcuno, l’importanza del voto degli iscritti. Se lo facciamo, vuol dire che siamo un movimento che bypassa gli iscritti e, a quel punto, possiamo chiudere il partito”. Un tema che va a braccetto con il nodo nomine. A ballare sono quattro caselle: le due presidenze dei gruppi, il ruolo di vice in segreteria e la presidenza dell’assemblea. “Prima il metodo e poi i ruoli” è la formula usata in ambienti parlamentari dem per dribblare le domande su questo punto. Tuttavia, nei ragionamenti che si fanno in Transatlantico il tema sembra più cogente. Schlein ha garantito di voler preservare l’unità del partito e, alla luce di questo, tutto lascia pensare che sia disponibile a fare concessioni all’area Bonaccini, uscita sconfitta dalla corsa alle primarie.
Da questo punto di vista: “Il segnale più forte – suggerisce una fonte dell’AGI – potrebbe essere quello di lasciare una delle presidenze delle Camere alla minoranza”. Questo potrebbe avvenire alla Camera dove si fa il nome Simona Bonafè, già europarlamentare e segretaria regionale della Toscana, sulla quale però pesa la nomina di renziana dura e pura. Bonafè, inoltre, è reduce da una doppia sconfitta: con Bonaccini, a livello nazionale, e in Toscana dove è stato eletto segretario regionale il deputato di area Schlein Emiliano Fossi contro Valentina Mercanti, della mozione Bonaccini.
Serracchiani in bilico (o forse no)
Ecco allora, per la ragioni appena dette, che torna in auge l’ipotesi di confermare Debora Serracchiani nonostante, nelle ultime ore, sia circolata la convinzione di una sua rimozione. L’ipotesi Serracchiani, tuttavia, potrebbe aprire un caso nel gruppo del Senato, guidato da Simona Malpezzi: entrambe le capigruppo sono state rinnovate pro tempore dall’ex segretario Enrico Letta dopo le elezioni di ottobre proprio per non aprire una guerra intestina ai gruppi a pochi mesi dal congresso. Lasciare Serracchiani e sostituire Malpezzi potrebbe apparire come un provvedimento contra personam. Tra le ipotesi afferenti alla scuderia di Schlein, invece, spiccano i nomi di Chiara Gribaudo e Chiara Braga.