Gli scafisti disponevano di telefoni satellitari e un apparecchio che sembrava di tipo Jammer. I pakistani, sulle direttive dei quattro scafisti, ci tenevano segregati nella stiva per impedirci di salire sul ponte dell’imbarcazione. Ci facevano salire soltanto per esigenze fisiologiche o per prendere pochi minuti di aria, prima di farci ritornare nella stiva.

Si chiama Kabity, ha 29 anni, è un afgano di Kabul. Ma è soprattutto una voce diretta di quanto accaduto, domenica scorsa, a Steccato di Cutro. Il racconto è stato raccolto dagli ufficiali di polizia giudiziaria le cui indagini hanno poi portato al fermo di tre scafisti, due pakistani, uno dei quali minorenne, e un turco. Il giovane ha spiegato i dettagli della tragedia portando alla luce che:

le condizioni del mare erano peggiorate, i quattro scafisti pensando che ci fossero i poliziotti, hanno fermato la navigazione cercando di cambiare rotta e modificare il punto di approdo. La barca interrompeva nuovamente la navigazione suscitando i malumori e le lamentele di noi migranti, ormai stremati. La situazione era pertanto diventata critica, infatti dopo il repentino cambio di rotta le onde alte hanno iniziato a far muovere e piegare l’imbarcazione sino a quando improvvisamente la barca ha urtato contro qualcosa e ha iniziato a imbarcare acqua e inclinarsi su un fianco.

La sensazione che le cose sarebbero precipitate era diffusa sull’imbarcazione. Ed alimentata dalle grida dei bambini. Così Kabity:

Ho sempre avuto paura che l’imbarcazione potesse imbarcare acqua perché le condizioni del mare non erano delle migliori e le donne e i bambini impauriti hanno sempre pianto e gridato aiuto proprio perché si temeva che l’imbarcazione potesse affondare in mare aperto, l’imbarcazione era in condizioni pessime e non siamo stati equipaggiati con nessun giubbotto galleggiante o qualsiasi sistema di salvataggio.

Tragedia di Cutro, la testimonianza di un superstite

La raccolta di testimonianze della polizia giudiziaria, che hanno portato al fermo di tre scafisti, hanno fatto luce anche sulla dinamica del viaggio. Così un superstite:


Gli accordi erano che ci avrebbero fatto sbarcare in sicurezza sulla terraferma in Italia e avrebbero atteso il giorno 26 febbraio 2023 perché era domenica e le previsioni erano di mare mosso quindi sarebbe stato improbabile incontrare controlli di motovedette italiane.

La testimonianza riporta anche che quando l’imbarcazione è stata fermata chi era a bordo, impaurito dalle condizioni del mare, voleva che venissero già chiamati i soccorsi. Tuttavia:

Gli stessi 4 componenti dell’equipaggio per tranquillizzarci ci hanno mostrato l’iPad raffigurante la rotta e la distanza della nostra posizione fino alla terraferma specificando che volevano far trascorrere quelle ore per poterci sbarcare nel cuore della notte per eludere i controlli di polizia. Erano circa le ore 21 del 25 febbraio.

La navigazione è stata ripresa dopo sette ore ma i soccorsi non sono mai stati chiamati. Il testimone riprende dicendo che:

Nel frattempo, le condizioni del mare erano peggiorate tanto che ci hanno permesso di lasciare la stiva e salire in coperta. Così, erano le 4 o le 5, ho potuto scorgere dalla costa quelle che sembravano delle segnalazioni luminose e i quattro, pensando che fossero poliziotti, hanno fermato la navigazione cercando di cambiare rotta e modificare il punto di approdo. In questa circostanza ho sentito i quattro chiamare qualcuno forse per farsi venire a prendere. Dopo il cambio di rotta le onde alte hanno iniziato a far muovere e piegare l’imbarcazione sino a quando improvvisamente la barca ha urtato contro qualcosa e ha iniziato a imbarcare acqua e inclinarsi su un fianco. Io mi trovavo in coperta insieme ad altre persone mentre tante altre si trovavano ancora nella stiva. Quando si sono iniziate a vedere le luci dalla costa tanti di noi hanno gridato ‘help, help’ credendo che si trattasse dei soccorsi. Purtroppo, non rispondeva nessuno e dopo pochi minuti è arrivata una forte onda e c’è stato un forte urto.

Gli scafisti hanno cercato di fuggire

Gli scafisti, visto il pericolo, hanno tentato la fuga. Yousuf, afgano di 23 anni, ha raccontato quanto avvenuto:

Io ho provato a bloccarli e ho cercato di fermare un turco ma questi mi ha strattonato e si è tuffato in acqua, la stessa cosa ho provato a fare con un secondo turco ma lui è riuscito a tirarmi e spingermi tuffandosi in acqua anche lui. I due turchi sono fuggiti a nuoto. Ho provato anche a bloccare il cittadino siriano ma mi è sfuggito. Infine, sono riuscito a bloccare un terzo turco ma solo per poco perché ho dovuto mettermi in salvo ma poi l’ho rivisto sulla spiaggia, nascosto in mezzo ad altri migranti, fino a quando tutti i migranti lo hanno additato come responsabile della tragedia. Poco dopo sono arrivare le forze di polizia che lo hanno fermato.