Italia meta prediletta degli attacchi hacker? Sì secondo una ricerca di Comparitech, agenzia media italiana che si occupa di sicurezza informatica e che questa mattina ha presentato i risultati del report “L’ecosistema italiano della sicurezza informatica tra regolazione, competitività e consapevolezza”.
In breve, nel 2021 (anno di aggiornamento del report) il 3,26% dei dispositivi mobile e il 10,74% dei computer sono stati infettati da virus fraudolenti, per lo più sotto forma di malware e phishing. Un dato decisamente superiore rispetto all’estero.
Attacchi hacker in Italia, i dati potrebbero ulteriormente crescere
Chiaramente i dati sopra elencati rappresentano la massima sintesi di un lavoro certamente più complesso, nonché i valori più facilmente comprensibili al pubblico di massa.
Per esempio, un altro dato che trova perfetta applicazione nella stretta attualità riguarda gli attacchi hacker alle pubbliche amministrazioni, che costituiscono la fetta predominante con il 69% della torta. L’esame si è poi concentrato sullo stato del quadro normativo, sulle sue differenze con Europa e Stati Uniti.
Gli enti più colpiti sono le amministrazioni statali (56%), presumibilmente privilegiate sia per la quantità di dati sensibili immagazzinate all’interno di dispositivi e server, sia perché spesso oggetto di “messaggi” ricattatori da parte dei criminali informatici. Il rialzo delle strutture sanitarie pubbliche (dal 4 al 10%) può essere facilmente attribuibile alle ondate di covid, che hanno generato un flusso di pazienti record negli ospedali di tutta Italia. Nel settore privato spicca il 24% delle aziende energetiche e il 12% delle aziende di telecomunicazioni. Completa il podio il ramo trasporti (8%).
E a proposito di coronavirus, è possibile che i dati emersi siano frutto di tendenze aggregate: non si può infatti negare che lo smart working e il maggior tempo forzato passato tra le mura domestiche abbia ampliato la platea di consumatori digitali, molti dei quali alle prime armi e senza alcuna esperienza sul concetto di “cyber sicurezza”; dall’altro, il trasferimento di molti servizi sulle piattaforme online e il conseguente addio all’analogico. Ma a tale boom di migrazioni non è corrisposta una preparazione consapevole sul tema delle difese informatiche (solo il 24% del campione ha saputo definire il concetto di “cyber sicurezza”).