C’era una volta uno sciatore straordinario, si chiamava Leonardo David. Sarebbe stato il trait d’union fra la valanga azzurra capitanata da Gustavo Thöni e il futuro dello sci, Alberto Tomba. Sarebbe stato quel filo rosso che avrebbe unito due epoche, quella dagli anni Settanta e quella di fine anni Ottanta.
David fu sogno che svanì col tempo d’un amen, dopo aver sconfitto il più forte sciatore dell’epoca, Ingemar Stenmark, in una gara memorabile disputata ad Are.
Pochi giorni dopo il successo sulla montagna norvegese, lo sciatore valdostano che sognava di fare il “palista” andò negli Stati Uniti con la nazionale azzurra per una preolimpica, l’anno successivo si sarebbe disputata l’Olimpiade a Lake Placid. E lì si sbriciolò il sogno. Come l’onda del mare che s’infrange sullo scoglio. Cadde rovinosamente nella discesa libera statunitense, e qui va aggiunto che il ragazzo in realtà era già caduto, battendo la testa, in una gara disputata qualche giorno prima in Italia, a Cortina d’Ampezzo. Insomma, due tragiche cadute, due frammenti di vita che portarono Leo David a vivere, a partire dal marzo del 1979, in uno stato vegetativo fino al febbraio del 1985, quando passò a miglior vita.
La storia di Leonardo David è una parentesi triste dello sport italiano, e mette in mostra un ragazzo di belle speranze annichilito giorno dopo giorno dal male, ma soprattutto da sbagli, omissioni, dimenticanze. Un diciannovenne (era nato il 27 settembre del 1960 a Gressoney Saint Jean) cresciuto sugli sci, un fenomeno capace di sciare in maniera moderna, ancora attuale, perfetta.
Fu tragedia per la famiglia David, i genitori e la sorella Daniela dedicarono anima, cuore e corpo per cercare di far riprendere una vita normale a Leo. Anche senza sci. Macché, furono anni d’inferno, vissuti passando da una clinica all’altra, in Italia e all’estero. Una casa trasformata per permettere una inusuale “normalità”, con una stanza adibita come fosse una via di mezzo fra una palestra e una stanza d’ospedale. Tutto inutile, mentre cominciarono il rimpiattino delle responsabilità (forse, dopo la prima caduta, quella di Cortina, il ragazzo non avrebbe dovuto seguire la nazionale negli Stati Uniti, nda), le accuse, i processi.
Il papà Davide – ormai anche lui passato a miglior vita – raccontò un particolare di quelli che fanno pensare. A lungo. Sull’aereo che avrebbe accompagnato lui e il figlio in Russia per l’ennesimo viaggio della speranza Leonardo, che aveva lo sguardo nel vuoto ma indossava occhiali da sole, era stato sistemato su una delle prime poltroncine dell’aereo. L’hostess non si accorse della situazione e chiese anche a lui se gradisse qualcosa da bere. Davide David pianse.
Leonardo David riposa oggi nel piccolo cimitero del paese che gli ha dato i natali. A volte la lapide con impresso il suo nome è ricoperta di neve. A volte, anche chi non ha conosciuto la sua storia, passa a salutarlo.