È una storia d’amore a lieto fine, quella che ha coinvolto un bambino di cinque anni tornato a respirare grazie al padre, che gli ha donato un pezzo di polmone. È successo a Bergamo, dove il piccolo è stato operato a metà gennaio scorso e ora è stato dimesso, in buone condizioni. “Quando me lo hanno proposto non ci ho pensato due volte”, ha dichiarato il padre, Anduel, che ha parlato del giorno dell’intervento come il più bello della sua vita.
Padre dona polmone al figlio e lo salva: “Non ci ho pensato due volte”
Quello avvenuto presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è stato il primo trapianto di polmone da vivente mai effettuato in Italia e ha avuto come protaginisti un bambino di cinque anni e suo padre. Tutto inizia nel 2018, quando il piccolo mostra alcuni segni di malessere e viene ricoverato all’ospedale Meyer di Firenze, dove arriva inesorabile la diagnosi di talassemia o anemia mediterranea, una malattia ereditaria del sangue. Dopo due anni di trasfusioni periodiche, l’11 giugno 2021 subisce un trapianto al midollo. È il padre a donarglielo, ma, nonostante la buona riuscita dell’intervento, con il conseguente trasferimento del sistema immunitario da genitore a figlio, insorgono delle complicazioni, che scaturiscono nella cosiddetta “malattia da trapianto contro l’ospite”. In pratica, le nuove cellule del donatore attaccano i tessuti del ricevente, in questo caso i polmoni.
Questo disturbo, a cui si somma l’effetto dei farmaci utilizzati per il trapianto, danneggia i suoi polmoni al punto che il piccolo rischia di perdere completamente la capacità di respirare in modo autonomo. L’unica speranza è un ulteriore trapianto. Il bimbo viene così trasferito a Bergamo. È il 1 dicembre 2022 quando i medici iniziano tutti gli accertamenti in preparazione dell’intervento polmonare. È a questo punto che viene proposto al padre di donare al bimbo un pezzo del suo polmone: avendogli già donato il midollo, trasferendogli la sua immunità, in questo modo sarebbe eliminato il rischio di rigetto. “Quando me lo hanno proposto non ci ho pensato due volte. Si trattava di salvare la vita a mio figlio. In questi due anni mi era passato di tutto per la mente”, racconta oggi l’uomo.
Anduel, questo è il suo nome, ha 34 anni, è un ingegnere edile e, da dopo l’intervento, ha una riduzione del 20% del volume polmonare, ma potrà comunque continuare a condurre una vita normale e a fare sport. Con la sola differenza che, rinunciando a un pezzo del suo polmone, ha potuto salvare la vita di suo figlio che, qualche giorno fa, a un mese dell’intervento, è stato dimesso dall’ospedale, non avendo più bisogno del supporto respiratorio. “Grazie a Dio e ai medici è andato tutto bene. Adesso potrà andare all’asilo, giocare con gli altri bambini. Non sta fermo un attimo, mangia poco e gioca tanto. Non c’è cosa più bella da vedere, è meraviglioso”, continua il papà. A riportarlo è Il Corriere della Sera.
“Il polmone è tra gli organi più rigettati – ha invece spiegato Michele Colledan, direttore del Dipartimento trapianti e della Chirurgia generale 3 dell’ospedale di Bergamo, nel ricordare le fasi che hanno preceduto l’intervento del piccolo a Il Giorno -, ma in questo caso il bambino non rigetterà mai il polmone del padre”. “Quando ho proposto, all’inizio dell’iter, l’ipotesi di un trapianto da vivente – ha aggiunto – la sua famiglia non solo non ha mai esitato, ma mi ha detto che, se non l’avessi proposto io, me l’avrebbero chiesto loro”. “Da solo io posso salvare una vita: questo vuol dire che tutti non possiamo salvare il mondo, ma tante vite sì”, conclude Anduel.