Monica Vinci, la donna che in provincia Oristano il 18 febbraio scorso ha ucciso a coltellate la figlia di 13 anni, è stata trasferita dall’ospedale di Oristano al carcere di Uta. La 52enne, originaria di Nureci, dopo l’incredibile gesto ha cercato di togliersi la vita lanciandosi dal primo piano della loro casa di Silì, teatro della tragedia. Il trasferimento è avvenuto nella serata di ieri, 27 febbraio 2023, a bordo di un’ambulanza, scortata dalla polizia penitenziaria. Vinci era ricoverata nel reparto psichiatria del San Martino ed è ancora in uno stato di incoscienza: ora andrà a occupare una cella nell’infermeria. Le condizioni della donna sono ancora precarie. La scorsa settimana non era stata in grado di rispondere al giudice delle indagini preliminari Federica Fulgheri che le aveva mosso le contestazioni relative all’omicidio nella stanza del reparto di psichiatria del San Martino.
Monica Vinci, la donna che in provincia di Oristano ha ucciso la figlia 13nne, in carcere
Al momento è caduto nel vuoto l’appello lanciato da Maria Grazia Caligaris, dell’associazione Socialismo Diritti Riforme:
“Le condizioni della donna suggeriscono piuttosto un suo ricovero in un ospedale e/o in una residenza sanitaria. Chiuderla in una cella, nella Casa Circondariale, appare incomprensibile”,
aveva affermato Caligaris, evidenziando come “non risulta che nella sezione femminile dell’Istituto Ettore Scalas ci sia un Servizio Assistenza attrezzato per accogliere una donna in condizioni di non totale autosufficienza e ad alto rischio vita”. “In assenza di una struttura adeguata“, aveva detto ancora Caligaris, “si corre il rischio di acuire le problematiche di una persona che ancora non è riuscita neppure ad aprire bocca e con una condizione fisica non proprio ideale. L’unico Sai (Servizio Assistenza Integrata) della Sardegna è vero che si trova a Cagliari-Uta ma si trova nella parte maschile della Casa Circondariale. Ciò sembra far prevedere che la donna dovrà essere collocata in un’altra area. Sarebbe la prima volta di una paziente-detenuta, peraltro in attesa di giudizio, in quella sezione maschile”. “Per quanto ci riguarda”, aveva concluso Caligaris a nome di SDR, “formuliamo l’auspicio di una visione umanitaria e pratica per una dramma che ha colpito l’intera comunità di Silì e della Sardegna“.