Riprende oggi a Mansura, in Egitto, il processo nei confronti di Patrick Zaki, il ricercatore egiziano dell’Università Alma Mater di Bologna arrestato nel febbraio 2020 e poi detenuto per più di un anno e mezzo con l’accusa di diffusione di notizie false per essersi schierato con i copti egiziani. L’udienza avrebbe dovuto tenersi lo scorso novembre, ma era stata aggiornata ad oggi “per completare le memorie e gli atti”, come aveva confermato lo stesso imputato, che nel frattempo ha ricevuto la cittadinanza onoraria dei comuni di Bologna e Roma. Attualmente bloccato sul territorio egiziano con un divieto d’espatrio, il ragazzo rischia cinque anni di carcere.

Patrick Zaki processo: cosa è successo finora e l’udienza in programma per oggi

È il 7 febbraio 2020 quando Patrick Zaki, tornato in Egitto per fare visita ai suoi familiari, viene arrestato all’aeroporto internazionale del Cairo con l’accusa di propaganda sovversiva e viene trasferito a Mansura, qualche decina di chilometri a nord della Capitale, dove, secondo i racconti, viene minacciato e picchiato, nel corso di un duro interrogatorio su questioni legate al suo lavoro – è ricercatore presso l’Università di Bologna – e al suo attivismo per i diritti Lgbtq+. La formalizzazione dell’arresto arriva il giorno successivo e con essa anche l’avviso di custodia cautelare: dall’Italia si alza il coro delle proteste e varie petizioni ne chiedono la scarcerazione, mentre si avvia il processo a suo carico.

Le prime udienze si tengono solo cinque mesi dopo il fermo, a luglio; a dicembre, il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del Cairo stabilisce un primo prolungamento del carcere preventivo, rinnovato nuovamente il 2 febbraio 2021. Dopo più di un anno e mezzo di reclusione, Zaki viene scarcerato l’8 dicembre 2021, ma non è stato assolto e oggi, a Mansura, è in programma la nona udienza del processo a suo carico. A farlo sapere è l’Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), l’Ong con cui collabora. “Patrick rischia una pena detentiva di cinque anni solo per aver esercitato il suo legittimo diritto alla libertà di espressione in un articolo intitolato Displacement, Killing and Harassment: A Week’s Journal of Egypt’s Copts e pubblicato a luglio 2019 sul sito web di ‘Daraj'”, si legge in una nota dell’Eipr.

Nell’articolo in questione, Zaki prendeva le difese dei copti, la minoranza cristiana d’Egitto, ricordando le sanguinarie persecuzioni dell’Isis degli anni precedenti e due casi di discriminazione sociale e giuridica nei confronti dei fedeli. Secondo i suoi avvocati, “tutte le accuse contro di lui non sono valide”. Pur essendo libero, attualmente il ragazzo non può lasciare l’Egitto. “Cerco di resistere, ma ormai non so più niente”, ha dichiarato; nel frattempo ha ricevuto la cittadinanza onoraria dai comuni di Bologna e Roma.

La questione del conferimento della cittadinanza italiana

Ha raggiunto 300mila firme, invece, la petizione lanciata su Change.org in suo favore. Oltre a chiedere al governo italiano di sollecitarne la liberazione da parte delle autorità egiziane, i firmatari chiedevano che a Zaki fosse riconosciuta la cittadinanza onoraria “per meriti speciali”. “C’è qualcosa nella storia di Patrick Zaki che prende in modo particolare, ed è ricordare quando un innocente è in prigione. Questo l’ho provato anch’io e sarò sempre presente, almeno spiritualmente, quando si parla di libertà”, aveva dichiarato la senatrice Liliana Segre al Senato nel corso della votazione della mozione presentata dal senatore dem Francesco Verducci, approvata alla fine con 208 voti favorevoli, nessun contrario e 33 astenuti. Anche alla Camera, dove il testo era stato presentato a firma di Lia Quartapelle e Filippo Sensi del Pd, il risultato è stato positivo: si è approvato così il documento che impegna l’esecutivo nel conferimento della cittadinanza a Zaki.