Confesso che ogni volta che leggo una notizia che vede coinvolto un camionista mi affretto a capire che cosa è successo. 

Qualche giorno fa ho letto la cronaca di un incidente avvenuto in A1 tra Frosinone e Ceprano: un giovane camionista di 40 anni, Giovanni Gaito, colpito da infarto, è riuscito ad accostare il suo mezzo prima di morire e così ha evitato una strage.

Un camionista eroe è stato definito, un eroe civile come i tanti che attraversano le strade del Belpaese per far arrivare nelle nostre case i beni di prima necessità. Lo hanno fatto durante il lockdown e lo fanno sempre, con pioggia e sole, con gelo e caldo. Non si fermano quei bestioni adornati di luce psichedeliche con richiami a santi e madonne e alle loro terre di origine. Talvolta ci fanno paura perchè corrono per arrivare puntuali a destinazione o per tornare a casa dopo giorni di viaggio.

Camionisti eroi: tornano a casa non sui loro bestioni ma in un carro funebre

Un altro mezzo pesante è stato protagonista di uno spaventoso incidente in Autosole tra Prato e Calenzano: è precipitato dal viadotto ed è bruciato. Nulla da fare per il camionista. Chissà, un malore, una disattenzione, forse non lo sapremo mai. Sappiamo soltanto che è morto un altro camionista. Anche lui faceva lo stesso mestiere del mio babbo, un lavoro difficile e faticoso ancora più di adesso perché negli anni Cinquanta e Sessanta i camion non avevano il servosterzo e l’aria condizionata in cabina. Il mio babbo è sempre tornato a casa da vivo. Quando leggo la notizia di un camionista morto sulla strada mi rattristo e penso alla sua famiglia che lo aspettava a casa a bordo di un bestione e non di un carro funebre.

Stefano Bisi