Un altro episodio in Iran a danno di alcune studentesse sconvolge l’opinione pubblica. Nel cuore delle recenti proteste contro il regime iraniano arriva l’ammissione da parte di Younes Panahi, viceministro della Salute iraniano, su un caso che farà discutere. Il viceministro ha infatti implicitamente ammesso che “alcune persone” hanno avvelenato con intenzionalità alcune studentesse nella città santa di Qom. L’obiettivo finale era quello di porre fine all’accesso all’istruzione per queste ragazze, in base a quanto riferiscono i media statali. Si tratta, dunque, di un altro episodio in questi mesi turbolenti per l’Iran.
Non si tratta, tuttavia, di un caso sporadico. Dal mese di novembre in gran parte del territorio iraniano si registrano, infatti, centinaia di casi di avvelenamento ai danni delle studentesse in Iran, principalmente nell’area a sud di Teheran e nel cuore di Qom. Proprio Panai ha affermato che questa serie di avvelenamenti siano stati deliberati nel tempo: “Dopo l’avvelenamento di diversi studenti nelle scuole di Qom, si è scoperto che alcune persone volevano che tutte le scuole, in particolare le scuole femminili, fossero chiuse”, ha riportato l’agenzia di stampa statale Irna, citando Panahi, senza aggiungere particolari.
In questi mesi, a seguito di questi avvelenamenti, ci sono stati vari arresti. In particolare, nel giorno di San Valentino, alcuni genitori di queste ragazze si erano riuniti al di fuori del governatorato della città per chiedere alle autorità le spiegazioni per quanto riguarda il susseguirsi di questi episodi di avvelenamento. Risposte che sono arrivate il giorno dopo, il 15 febbraio, attraverso l’esposizione del portavoce del governo, Ali Bahadori Jahromi, ha detto che i ministeri dell’Intelligence e dell’Istruzione stavano cercando di determinare la causa degli avvelenamenti.
Studentesse avvelenate in Iran, le parole di Alinejad
Proprio la scorsa settimana sono arrivate le decisioni da parte del procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri, che ha deciso di aprire un’indagine giudiziaria su questi fatti. Aperti i fascicoli, dunque, con un Paese che vive da giorni le proteste contro il regime iraniano. Da tempo, infatti, gli stessi cittadini dell’Iran sono scossi dalla rabbia e dalle proteste per la morte di Mahsa Amini, in custodia della polizia morale, per una presunta violazione dell’obbligo dell’hijab.
“L’avvelenamento delle studentesse è la vendetta del regime terrorista della Repubblica islamica contro le coraggiose donne che hanno sfidato l’obbligo dell’hijab e scosso il muro di Berlino di Khamenei”, ha commentato su Twitter la nota attivista iraniana emigrata all’estero Masih Alinejad, “vogliono fermare la rivoluzione Donna, vità, libertà”.