Florida aborto sindrome di Potter. Incinta, scopre durante la gravidanza che il feto soffre di una sindrome gravissima, ma lei vive in Florida e quindi niente aborto terapeutico. Una storia assurda e per certi versi con risvolti che possono essere definiti al limite del diabolico, quelli che una coppia sarà costretta a vivere, per le recenti decisioni prese dallo stato sull’interruzione delle gravidanze. Costretti a soffrire due volte per l’inevitabile perdita del figlio a cui è stata diagnosticata la sindrome di Potter, una malattia grave che non permetterà al bambino, una volta nato, di sopravvivere. La vicenda arriva dalla Florida e riguarda Deborah Dorbert e suo marito. La loro unica colpa è quella di vivere in uno degli stati americani in cui è stato cancellato il diritto all’aborto, anche per questioni terapeutiche se non sono considerate gravi. La storia è stata raccontata dal Washington Post e riguarda questa coppia in attesa del secondo figlio e che, lo scorso novembre ha scoperto, facendo le analisi di rito sul feto, che purtroppo il bimbo soffre di una sindrome, chiamata di Potter, che gli impedirebbe di rimanere in vita quasi immediatamente dopo la nascita, o al massimo di 30 minuti.

Aborto Florida sindrome di Potter, i medici rifiutano l’aborto terapeutico

La coppia, saputo della gravità della situazione, ha cercato subito di avviare le pratiche per l’interruzione della gravidanza, ma non ha trovato un medico disposto ad aiutarli perché il diritto federale all’aborto, in vigore dal ’73, è stato soppresso dalla decisione della Corte Suprema, presa il 24 giugno dell’anno scorso. Addirittura, quando i Dorbert hanno comunicato di voler abortire – riferisce sempre il Washington Post – i medici hanno risposto che altre coppie di genitori avevano scelto di portare avanti lo stesso la gravidanza, chiarendo comunque che si sarebbero consultati, per capire come muoversi in base alle nuove restrizioni previste in Florida. Nulla da fare, poche settimane dopo la donna ha saputo che avrebbe dovuto portare a termine la gravidanza, a comunicarglielo è stato proprio uno dei medici, che le avrebbe detto per messaggio, freddamente, di aver preso la decisione “in base alla legge e al modo in cui è stata scritta“. Quindi proprio gli stessi medici che hanno riscontrato il problema al feto si sono rifiutati di operare l’aborto terapeutico per paura di incorrere in sanzioni che, secondo la nuova legge, che puniscono i medici che la violano con fino ad arrivare alla revoca della licenza, multe salate e addirittura cinque anni o più di reclusione. A quel punto i dottori avrebbero suggerito alla coppia di andare ad effettuare l’aborto in altri stati, in cui è ancora permesso. Ma a causa delle condizioni economiche, per loro non è una soluzione percorribile. La decisione finale quindi è stata presa, la donna sarà costretta a portare avanti la gravidanza ma le è stato garantito che al bambino, una volta nato, saranno fornite cure palliative per evitargli almeno sofferenze. Secondo quanto riportato dal Woshington Post, la coppia avrebbe già pianificato tutto per ” i dettagli della sua morte“, scrive il Washington Post. «Lei e suo marito Hanno già deciso di far cremare il suo corpicino e stanno già cercando una maniera per commemorarlo». 

La sindrome di Potter

Con il termine sindrome di Potter (agenesia renale bilaterale) si indica una rara malformazione neonatale, caratterizzata dalla mancata formazione di entrambi i reni, o da una loro conformazione anomala, nel feto. La sindrome di Potter implica anche un arresto dello sviluppo polmonare per cui il bambino presenta, una volta venuto al mondo, anche difficoltà respiratorie. La sindrome di Potter può essere diagnosticata già nel corso della gravidanza mediante ecografia attraverso la quale possono essere rilevate eventuali anomalie a carico dei reni o assenza di liquido amniotico. Purtroppo la sindrome di Potter è una condizione incompatibile con la vita. I bambini che ne sono affetti raramente sopravvivono oltre i primi mesi di vita anche se rianimati dopo il parto e curati.