Ci sarebbe una possibile svolta nel caso di Nada Cella, la segretaria 24enne uccisa nel maggio 1996 a Chiavari nello studio in cui lavorava, quello del commercialista Marco Soracco. A quasi 27 anni dal delitto, sarebbe infatti spuntato un nuovo testimone chiave, che potrebbe confermare la colpevolezza di Annalucia Cecere, ex insegnante attualmente indagata per l’omicidio.
Omicidio Nada Cella: la ricostruzione dei fatti
È il 6 maggio 1996 quando la 24enne Nada Cella viene trovata da un collega all’interno dello studio in cui lavora come segretaria, quello del commercialista Marco Soracco, a Chiavari, in provincia di Genova, in una pozza di sangue, con ferite a diverse parti del corpo e il cranio fracassato. Dopo l’arrivo dei soccorsi, la giovane viene trasportata d’urgenza all’ospedale, ma non soppravvive ai colpi che le sono stati inferti, morendo poco dopo il ricovero. Partono così le prime indagini, ma sulla scena del delitto non sembrano esserci elementi utili: tutto è in ordine, non ci sono orme o impronte, l’arma del delitto sembra essere svanita nel nulla. Molte possibili prove, inoltre, sono state inquinate: la madre e la zia del capo della ragazza, che vivono nell’appartamento soprastante all’ufficio, pensando che si sia trattato di una disgrazia, puliscono tutto, ancora prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Gli investigatori si concentrano quindi sul passato della vittima, intenzionati a capire cosa possa essere successo: si scopre ben presto che, a differenza di come era solita fare ogni weekend, il fine settimana precedente all’omicidio la donna non si era recata ad Alpepiana di Rezzoaglio con la sua famiglia, ma era rimasta a Chiavari. Era il 4 maggio: dopo aver sbrigato delle commissioni, si era vista con la madre e aveva raccontato alla cugina di essere stata in un’agenzia di viaggi (fatto che non ha trovato nessuna conferma); poi, era passata in ufficio, dove avrebbe dovuto fare alcune telefonate e commissioni urgenti: atti che, secondo il suo principale, poi interrogato dagli inquirenti, non erano assolutamente necessari e che quindi non spiegherebbero la sua presenza nello studio, dove, anche il giorno del delitto, si sarebbe recata in anticipo, rispetto a quanto faceva di solito.
Il nuovo testimone chiave e la possibile riapertura delle indagini
Da quel momento nessuno sa cosa sia successo alla giovane; il fascicolo di inchiesta contro il principale sospettato, il suo datore di lavoro, fu archiviato; in una nuova indagine, aperta nel 2021, a finire nel registro degli indagati era stata invece la madre ultraottantenne del commercialista “capo”, Marisa Bacchioni, per false dichiarazioni. Ora la principale indagata sembrerebbe essere l’ex insegnante Annalucia Cecere, che oggi ha 54 anni e da tempo abita in una frazione di Cuneo, a un passo da Boves. Finora la donna si è sempre dichiarata innocente, ma ad incastrarla sarebbe un nuovo testimone chiave, che avrebbe confermato agli inquirenti di averla vista sul luogo e nell’ora del delitto. Questo nuovo dettaglio potrebbe spingere la Procura a chiedere una riapertura del processo per portare a giudizio l’unica indagata di omicidio volontario. Secondo quanto ricostruito, la Cerere avrebbe potuto uccidere Nada Cella per gelosia perché voleva prenderne il posto in ufficio. D’altronde, già in passato, contro di lei c’erano state altre testimonianze: tra queste, quella di una donna che aveva raccontato ai carabinieri di averla vista allontanarsi con il suo motorino da via Marsala, dove si trovava lo studio del commercialista, proprio la mattina della morte della 24enne. Un’ipotesi, quella del suo coinvolgimento, che non è stata possibile chiarire con l’esame del Dna, visto che quello del potenziale assassino, raccolto sulla scena del crimine, è solo parziale. “Siamo in possesso di un codice genetico incompleto, che non ha tutti i 21 elementi utili a effettuare una comparazione attendibile”, hanno spiegato più volte gli investigatori. Chissà che la nuova testimonianza non possa finalmente fare luce sulla vicenda.