Opzione donna, decreto in arrivo a marzo darà l’occasione a 10.000 lavoratrici di andare in pensione prima. Entro la fine del prossimo mese, il governo guidato da Giorgia Meloni adotterà un decreto per allentare i requisiti di uscita delle lavoratrici, abbassando le soglie anagrafiche previste dalla Manovra 2023. Si partirà, infatti, dai 58 anni di età minima per specifiche categorie, per arrivare ai 59 anni della soglia anagrafica standard. La priorità sarà dunque quella di allentare la stretta operata dalla legge di Bilancio 2023 con un provvedimento in via di adozione per la metà di marzo, con varie ipotesi al vaglio del ministero dell’Economia. Si punterà ad arrivare a circa 13.000 uscite totali nell’arco dell’anno considerando che meno di 3.000 donne andranno in pensione con i ristretti requisiti dettati dalla legge di Bilancio 2023.
Opzione donna, decreto in arrivo a marzo darà l’occasione a 10.000 lavoratrici di andare in pensione prima
Il decreto che il governo adotterà su opzione donna a marzo abbasserà i requisiti di uscita per l’anno 2023. In particolare, rispetto a quanto già stabilito dalla recente legge di Bilancio, il provvedimento mirerà ad abbassare la soglia anagrafica per agganciare la misura fin dai 58 anni di età, non senza paletti però. Infatti, questo requisito anagrafico sarà legato alle condizioni di disagio sociale ed economico delle lavoratrici che ne faranno domanda. Pertanto, a 58 anni, unitamente a 35 anni di contribuzione versata, potranno andare in pensione con opzione donna le lavoratrici che siano caregiver – ovvero che si occupino da almeno 6 mesi del coniuge o di un parente di 1° grado convivente con handicap in situazione di gravità – oppure che abbiano un’invalidità di almeno il 74% o che siano state licenziate o dipendenti di imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa. Per le altre lavoratrici, che non rientrino in questi requisiti, l’età minima per agganciare l’opzione donna sarà abbassata dai 60 anni della legge di Bilancio 2023 ai 59 anni del nuovo provvedimento in arrivo. La riduzione dei requisiti di opzione donna è la prima risposta che si attendono i sindacati sulla riforma delle pensioni. La stessa ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, fin dal varo della legge di Bilancio 2023, si era impegnata a correggere l’attuale sistema della misura che permette l’uscita dal lavoro all’età di 60 anni – unitamente a 35 anni di contributi e al ricalcolo dell’assegno di pensione con il metodo contributivo – con lo sconto di un anno per ciascun figlio fino a un massimo di due anni, purché le richiedenti rientrassero nelle condizioni di disagio sociale ed economico (caregiver, licenziate e invalide civili).
Quali saranno i nuovi requisiti di uscita per le lavoratrici nel 2023
Il risultato in questo primo scorcio di anno è stato un abbassamento evidente delle lavoratrici che possono accedere all’opzione donna, con stime di 2.900 prepensionate fino a fine anno, rispetto alle oltre 23mila donne che hanno beneficiato della misura nel 2022. Con la modifica dei requisiti prevista per marzo, la platea delle beneficiarie potrebbe salire di ulteriori 10.000 lavoratrici con un costo di 90 milioni di euro per il 2023, e un esborso per il 2024 e 2025 stimato, rispettivamente, in 240 e 300 milioni di euro. La spesa è lo scoglio che dovrà essere superato per l’adozione del provvedimento nell’istruttoria tecnica che è già stata presentata al ministero dell’Economia e delle Finanze che si muove su ipotesi più prudenziali. Tra gli obiettivi dei tavoli di riforma delle pensioni che si stanno tenendo al ministero del Lavoro, i partiti di maggioranza puntano alla quota 41 senza vincoli di età e di condizioni di disagio. Ma si tratterà di un lavoro lungo, il cui completamento è previsto per la fine della legislatura.