Superbonus, la presidente del Consiglio Meloni sui social ha detto che il è costato 2000 euro a ogni italiano. “Falso. Basta entrare nel sito dell’Enea dove ci sono i dati pubblicati. Fino adesso gli investimenti ammessi a detrazione sono 65 miliardi. Di tutti coloro che hanno effettuato degli studi ci hanno detto che c’è un ritorno per il gettito dello Stato immediato. Il Censis parla del 70%. In base a questi dati, del Censis e no di Giorgia Meloni, abbiamo fatto i nostri calcoli e in realtà il costo annuo per ogni cittadino è 88 euro. Un costo assolutamente basso se serve per efficientare il nostro patrimonio edilizio”, così Emiliano Fenu, deputato del Movimento Cinque Stelle, intervenuto al Tg Plus di Cusano Italia Tv condotto da Aurora Vena.
Superbonus, Fenu: “Il governo va contro il dettato dell’Europa”
Nell’Unione europea gli edifici nuovi dovranno essere a emissioni zero entro il 2030 e gli edifici esistenti dovranno diventare a emissioni zero entro il 2050 con step intermedi per gli immobili residenziali: raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033. È quanto prevede la bozza di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia
“Con la decisione del governo andiamo contro il dettato dell’Europa – aggiunge Fenu. Un anno fa l’Europa aveva preso in considerazione il nostro superbonus e ha espresso un parere dicendo che la misura giusta per potere intraprendere verso l’efficientamento energetico delle abitazioni. Il consumo delle nostre abitazioni va dal 30 al 40 per cento dell’energia del nostro Paese. L’Europa ha detto che è una misura corretta, giusta e che andrebbe estesa anche agli altri Paesi. Ma anche Eurostat in realtà ha semplicemente espresso un parere su quelle che sono le regole della contabilità dello Stato e ha ammesso in commissione Finanze la scorsa settimana, che il superbonus ha avuto un effetto espansivo molto importante ma adesso la decisione passa all’Istat sulla contabilizzazione di questi investimenti. Quindi in realtà su quel parere europeo che è discordante, io non ho trovato riscontri di questo tipo”.
Le ipotesi sulle quali l’esecutivo sta lavorando per sbloccare i cosiddetti crediti incagliati sono la cartolarizzazione dei crediti o l’uso degli f24 presentati dai contribuenti attraverso le banche.
“Parto da un dato che è emerso dalla stampa in questi giorni – dice l’onorevole. Fino a pochi giorni fa le banche ci dicevano che avevano esaurito la loro capienza fiscale, invece adesso l’Agenzia delle Entrate dice alle banche che hanno ancora 34-35 miliardi di spazi fiscali. Quindi sicuramente la strada maestra è che le banche riprendano ad acquistare questi crediti. La soluzione degli F24 va assolutamente bene, anche là gli spazi fiscali sono enormi. Le imposte che si pagano con il modello F24 in Italia vanno dai 400 ai 500 miliardi quindi lo spazio in quel caso è enorme. Sulla cartolarizzazione avrei qualche dubbio dovuto al fatto che in genere quando si cartolarizza i crediti perdono prezzo, persone valore. Quindi si rischia di far svendere questi crediti. In ogni caso, qualsiasi soluzione serva per assorbire i crediti che in questo momento sono fermi va assolutamente bene”.
Ieri Giuseppe Conte ha incontrato le rappresentanze di categoria, nell’auletta dei gruppi, con una delegazione del Movimento 5 Stelle. Una sorta di tavolo parallelo rispetto a quello messo in campo del governo.
“Dall’incontro di ieri sono emerse più che altro le preoccupazioni di tutte le categorie. Come ha detto il presidente di Confindustria, il governo avrebbe dovuto convocarli prima di prendere una decisione di questo tipo, con quello che sarà l’impatto di una decisione di questo tipo. Ci sono oltre 40 mila imprese che rischiano il fallimento e aver bloccato la cessione dei crediti e lo sconto in fattura può rendere ancora più complesso smaltire questi credici incagliati” -conclude Fenu.