Aziz Abdullah aveva 49 anni ed era uiguro. Si trovava in un centro di detenzione per immigrati di Bangkok quando è morto. Faceva parte di un gruppo di oltre 350 richiedenti asilo uiguri che sono scappati dallo Xinjiang nel 2013 e sono stati detenuti in Thailandia.
Gli uiguri sono un gruppo etnico minoritario di origine turca e di religione musulmano sunnita. Vivono nella Repubblica Popolare cinese, prevalentemente nella regione autonoma dello Xinjiang, nella Cina nord-occidentale, una tappa fondamentale per la Via della Seta. Lo Xinjiang è una delle regioni più controllate del mondo. La Cina viene accusata di compiere crimini contro l’umanità contro i musulmani uiguri e altre minoranze nello Xinjiang. I gruppi per i diritti umani ritengono che negli ultimi anni più di un milione di uiguri sia stato detenuto in una vastissima rete di campi di detenzione. Pechino, che fino a pochi anni fa negava l’esistenza di questi centri, li definisce “campi di rieducazione” e nega ogni tipo di abusi compiuti contro la minoranza degli uiguri.
Rifugiato uiguro morto in Thailandia, chi era Aziz Abdullah
La storia di Aziz è la storia di un uiguro che è riuscito a lasciare la Cina. Era stato un contadino in una parte remota dello Xinjiang sud-occidentale, ed era arrivato in Thailandia ne 2013 con la moglie incinta, suo fratello e sette figli.
Gli attivisti affermano che fosse malato da più di tre settimane, ma le autorità thailandesi si era rifiutate di portarlo in ospedale. Fino a quando Aziz non è collassato. Il direttore del Refugees Centre of the World Uyghur Congress con sede in Australia dice che vomitava e sputava sangue, e non riusciva a mangiare. Solo dopo il collasso è stato portato in ospedale, e subito dopo è stato dichiarato morto. Infezione polmonare recita la causa del decesso.
Sembra che il gruppo di Aziz volesse raggiungere la Malesia e infine la Turchia, prima di essere bloccati in Thailandia. In quegli anni, la maggior parte degli uiguri affermava di essere turca per evitare di essere rimpatriata in Cina, e la Turchia stava dando ad alcuni di loro la cittadinanza. All’inizio di luglio 2015 le autorità thailandesi hanno consentito il trasporto in Turchia di 173 di loro, tra cui la moglie e i figli di Aziz Abdullah.
La Cina però si oppose con forza e accusò la Turchia di interferire in una questione bilaterale e di “connivenza nell’attività di immigrazione clandestina”.
Ma il governo thailandese fece il gioco della Cina, e permise alla Repubblica Popolare di visitare e valutare i richiedenti asilo. L’8 luglio del 2015 la Thailandia rimpatriò con forza almeno 109 uomini uiguri. Ammanettati, incappucciati e spediti verso la terra dei loro peggiori incubi: la Cina. Tra quelli, c’era anche il fratello di Aziz.
Gli attivisti ritengono che gli uiguri avrebbero molte probabilità di ottenere il reinsediamento in paesi terzi se la Thailandia fosse disposta a rilasciarli. Ma la libertà rimane un’utopia per migliaia di persone che hanno avuto solo una colpa: essere nati uiguri in un mondo sbagliato.