Incidente Roma, ragazzo investito e ucciso da un Suv: alla guida c’era il figlio non patentato e non la madre che lo avrebbe coperto fingendo di non essere lei nel lato passeggero dell’auto ma in quello del conducente. Svolta nell’inchiesta sull’incidente del 9 febbraio scorso avvenuto in via dell’Archeologia, in zona Tor Bella Monaca, a causa del quale perse la vita Emmanuele Cleber Catananzi, il ragazzo di 29 anni originario del Brasile ma adottato da una famiglia calabrese prima di trasferirsi, qualche mese fa insieme alla sorella, nella Capitale per lavorare. A guidare l’auto, una Bmw X4 nera, c’era il figlio della donna sulla quale erano ricadute le responsabilità dell’investimento e non il contrario come la 46enne aveva fatto credere in un primo momento. La donna avrebbe coperto il figlio, neo maggiorenne e ancora senza patente, che sarebbe stato alla guida dell’auto nel momento in cui la vettura è uscita di strada travolgendo altre macchine parcheggiate, che a loro volta avrebbero investito Emmanuele Cleber Catananzi, uccidendolo in pochi attimi.
Incidente Roma Tor Bella Monaca investito da Suv da 18enne non patentato
Emmanuele Cleber Catananzi fu falciato e ucciso dal Suv Bmw X4 nero alla cui guida ci sarebbe stato un 18enne senza patente, ora indagato per omicidio stradale. L’incidente si è verificato lo scorso 9 febbraio a Roma, nella zona di Tor Bella Monaca, in via dell’Archeologia dove il ragazzo 29enne stava camminando sul marciapiede, secondo la sorella Debora in direzione della pizzeria dove da poco tempo aveva trovato lavoro come cameriere. Nel momento in cui è stato investito, sembrerebbe che Emmanuele Cleber Catananzi stesse facendo una videochiamata alla fidanzata: la carambola delle auto non gli ha lasciato scampo anche se il ragazzo si trovava sul marciapiede. I sospetti dello scambio di persona tra madre e figlio erano emersi sin da subito agli inquirenti intervenuti, anche se rimangono ancora alcuni dubbi sulla dinamica dell’incidente. La donna, che si era presa tutte le responsabilità dicendo di essersi trovata alla guida dell’auto, avrebbe parlato di un’auto sbucata all’improvviso che le avrebbe fatto perdere il controllo del Suv. Circostanza, secondo indiscrezioni, non confermata da alcuni testimoni che, invece, avrebbero riferito di aver visto alla guida della Bmw il ragazzo 18enne. Nel corso delle indagini – fa sapere Il Messaggero – sono emersi altri dettagli sui quali chi indaga sta concentrando la propria attenzione. Il ragazzo, che non avrebbe comunque potuto guidare quell’auto di così alta cilindrata, non ha ancora nemmeno la patente. Da ieri, 21 febbraio, il 18enne risulta iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio stradale.
Ragazzo ucciso a via dell’Archeologia, la versione della madre alla guida
Secondo la ricostruzione dei fatti, dall’auto incidentata che ha travolto Emmanuele Cleber Catananzi a Roma, sono usciti madre e figlio, illesi. La donna, ascoltata dagli agenti del gruppo Torri intervenuti sul luogo dell’incidente, si è presa tutte le responsabilità per quanto avvenuto, anche se il suo racconto è sembrato troppo vago e poco lucido agli inquirenti. “Per evitare una macchina che si stava immettendo sulla strada”, ha riferito la donna subito dopo l’incidente, motivo per il quale ha dovuto compiere una brusca manovra. Parole alle quali gli agenti non hanno creduto pienamente affidandosi anche alle testimonianze per arrivare ad accertare i fatti. Peraltro è possibile che, durante le indagini, siano stati visionati i filmati delle telecamere di video sorveglianza situate nei dintorni e le celle telefoniche agganciate dagli smartphone. Tra i testimoni, una versione alla quale gli agenti avrebbero dato maggiore peso è quella di un residente della zona che avrebbe parlato di una macchina che “non sarebbe passata inosservata” e che “chi era al volante correva e faceva manovre azzardate”. Emmanuele Cleber Catananzi, in Italia dal 1996 adottato con la sorella da una famiglia calabrese, si è trasferito nella Capitale qualche mese prima di morire. “Volevamo tutti e due vivere e lavorare a Roma – ha spiegato la sorella Debora – Quel pomeriggio mio fratello stava andando a piedi nella pizzeria dove era in prova come cameriere”.