La decisione arriva a quasi un anno di guerra, con la voce dello stesso Vladimir Putin a dare la notizia: “La Russia interrompe la propria partecipazione all’accordo sugli armamenti strategici Start a partire da oggi”. Il messaggio però è molto più allarmante: il ricorso alle armi nucleari non è più un tabù.

Cos’è l’accordo Start sul nucleare

Partiamo dal nome, Start, acronimo di Strategic Arms Reduction Treaty, ovvero trattato di riduzione delle armi strategiche, piccolo giro di parole che indica le armi di distruzione di massa e, quindi, anche (e soprattutto) le testate nucleari. Sin dal 1991 sono stati una serie di accordi fra superpotenze per evitare il ricorso degli armamenti nucleari, ma soprattutto a mantenere sotto una determinata soglia il numero di tali ordigni.

Il primo accordo Start sul nucleare, datato 31 luglio 1991, fu siglato da George Bush Senior e Michail Gorbacev, il secondo fra lo stesso Bush e Boris Eltsin mentre lo Start III sarebbe dovuto essere siglato ancora da Eltsin e dal presidente americano Bill Clinton, ma non vide mai la luce, sostituito dal SORT (Strategic Offensive Reductions Treaty, trattato per la riduzione strategico-offensiva, ndr), un trattato più debole ma che fu sottoscritto il 24 maggio 2002. Le firme in calce, furono quelle di George W. Bush e quella di Vladimir Putin.

Il New Start da cui la Russia si è ritirata

L’ultimo atto degli accordi volti a limitare gli arsenali nucleari post guerra fredda fra la Federazione Russa e gli Stati Uniti d’America fu il New Start, l’ultimo accordo raggiunto e ratificato da Dmitri Medvedev e Barack Obama. Prorogato nel 2021, sarebbe dovuto essere operativo fino al 2026, mantenendo sotto quota 1550 il numero di testate e bombe nucleari, mentre 800 e 700 era il numero massimo tollerato di vettori nucleari tra Missili Balistici Intercontinentali (ICBM), Sottomarini Nucleari Lanciamissili (SLBM) e Bombardieri Pesanti rispettivamente a disposizione ed operativi. Ma la scelta di Putin ha mandato in pensione anzitempo l’accordo, che teoricamente è ancora operativo, ma da cui la Federazione Russa si è ritirata. A quasi un anno dall’invio delle truppe russe in territorio ucraino, senza significative vittorie da rivendicare e dopo la sfida della visita di Joe Biden ieri a Kiev, il presidente Vladimir Putin si è presentato davanti all’Assemblea federale con un atteso discorso, in cui ha ribadito le sue ragioni per l’uso della forza, le accuse all’Occidente che vuole distruggere strategicamente la Russia, e non ha quasi potuto fare altro, se non alzare i toni, mostrare il pugno duro, rilanciare l’allarme nucleare.