Conferma della condanna all’ergastolo per Innocent Oseghale, l’uomo di origini nigeriane ritenuto responsabile della morte di Pamela Mastropietro: è questa la richiesta avanzata dalla Procura generale di Perugia, coordinata dal pm Sergio Sottani, nell’ambito del processo d’appello bis in corso davanti alla Corte d’Assise del capoluogo umbro per cercare di fare luce su un particolare della vicenda: quello della violenza sessuale. Ricostruiamo quanto accaduto.
Pamela Mastropietro condanna: chiesta conferma dell’ergastolo
“Chiedo alla Corte la condanna alla pena dell’ergastolo”, ha detto oggi il sostituto procuratore generale, Paolo Barlucchi, in apertura della sua requisitoria davanti alla Corte d’Appello d’Assise di Perugia, dove è in corso il processo d’appello bis relativo all’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana scomparsa dalla comunità di Corridoia dove viveva nel 2018 e i cui resti sono poi stati ritrovati in due trolley. Per la sua morte è già stato condannato all’ergastolo un uomo di origini nigeriane, Innocent Oseghale, ma un dettaglio resta ancora da chiarire: quello della violenza sessuale. E per il pm, sulla colpevolezza del killer, anche in questo caso non ci sarebbero dubbi.
“Partiamo dal fatto che Oseghale ha ucciso Pamela. Se fosse qui mi rivolgerei a lui dicendogli: ‘l’hai uccisa’”, ha dichiarato Barlucchi, sostenendo che “è stato accertato che c’è stato almeno un rapporto sessuale non protetto” tra la giovane e Oseghale. “Pamela non era una prostituta – ha proseguito . C’è una verità nella sua vita, che è la sofferenza psichica, la sofferenza nei rapporti familiari, la sofferenza che ti dà la dipendenza da eroina. Nessun giudizio morale su Pamela, ma compresione, affetto e una fredda e lucida valutazione su quello che dicono le carte e i fatti. Pamela ha usato il suo corpo perché non sapeva che altro fare, era sola, aveva fame, era scappata la mattina, era all’estremo, non sapeva dove andare, era in astinenza da eroina”.
“Pamela era nelle mani di Oseghale – ha aggiunto -, lui con la cessione dell’eroina la teneva al guinzaglio. Oseghale inizialmente ha negato di aver avuto rapporti sessuali, lui ha negato perché nel farlo l’ha uccisa. La cura di Oseghale nel lavare le parti del corpo di Pamela nelle quali aveva infierito per ucciderla e che potevano essere rivelatrici, sia della somministrazione della droga, sia del rapporto sessuale, fa comprendere la sua necessità di non lasciare traccia di sé. Oseghale ha pensato di avere a che fare con una tossica persa e invece ha trovato una ragazza che concedeva il suo corpo solo per necessità. Non ho dubbi che c’è stata una violenza sessuale e che c’è stata un’opposizione di Pamela che non immaginava di incontrare un brutale assassinio”.
I testimoni citati in aula sarebbero stati ascoltati a porte chiuse per tutelarne la riservatezza. Si tratterebbe, in particolare, di due uomini con i quali Pamela avrebbe avuto rapporti dopo aver lasciato la comunità dove si trovava e prima di incontrare Oseghale ed essere uccisa. L’imputato era assente. Presenti, invece, i genitori della vittima, che continuano a chiedere giustizia.
L’omicidio e la ricostruzione dei fatti
La scomparsa di Pamela Mastropietro risale al gennaio 2018: la 18enne romana si trovava da soli tre mesi in una comunità per tossicodipendenti a Corridonia, a Macerata, quando aveva deciso di fuggire, portando con sé solo due valigie, le stesse in cui i resti del suo corpo erano stati ritrovati due giorni dopo. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, Pamela avrebbe incontrato Innocent Oseghale, un rifugiato di origini nigeriane senza permesso di soggiorno, all’indomani dalla fuga. Sarebbe stato lui ad ucciderla. Ad incastrarlo, la testimonianza di un supertestimone, Vincenzo Marino, ex boss della ‘ndrangheta, a cui l’uomo, in cella, avrebbe confessato di aver accoltellato la ragazza, iniziando a tagliarne il corpo mentre era ancora viva.