Il professor Pietro Oliva (Unicusano), nei prossimi giorni  parteciperà ad un incontro di orientamento con il professor Enrico Ferri nell’Istituto Superiore Cesare Baronio di Sora e nel Liceo Marco Tullio Cicerone di Arpino. Si presentano di seguito alcune sue riflessioni che anticipano il suo intervento di Venerdì a Sora e del prossimo Sabato ad Arpino. 

La didattica a distanza: come la telematica ce la rende vicina

Nell’istante in cui si usa il termine “didattica a distanza” si ammette che vi sia una sostanziale e antitetica distinzione con la più comune didattica in presenza. Quest’ultima richiede che in un certo luogo, ad una certa ora ci si ritrovi in un gruppo di magari venti, cinquanta oppure duecento persone ad ascoltare per un’ora e mezza il discorso di un professore che a volte neanche si presenta, delegando un assistente.

Poi tutti a casa ripercorrendo chi due, chi dieci, chi cento chilometri; taluni col treno, altri con l’auto. I meno fortunati con più mezzi, perdendo tempo e inquinando. Ma tutto questo è accettato e rispettabilissimo, poiché l’università deve essere così per forza. 

Ma cos’è veramente che si fa in una scuola o all’università? Non è forse il trasferimento delle conoscenze e della tecnica? Non è forse vero che conoscenza e tecnica vengono trasferite per via di tra-dizione e sperimentazione? Non è dunque bastevole che sia il messaggio ad essere trasferito anziché la materialità dei corpi che lo veicolano? Dovremmo forse considerare i libri stampati un trasferimento a distanza e dunque subordinato alla lezione frontale dell’autore?

Mi sembra evidente che, ammesso vi sia la volontà del docente d’insegnare e l’irrevocabile e incondizionata determinazione del discente ad apprendere, non conta un fico secco se i due sono fisicamente nella stessa stanza. 

Lo scrittore dell’orrore Lovecraft, padre della fantascienza americana moderna, prendeva lezioni di chimica per corrispondenza nei primissimi anni del XX secolo. Ma potrei citarne molti di casi come questo. Nel film “Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata” dell’immortale Albertone Nazionale si vede al minuto cinquantanovesimo una scuola australiana dove il docente tiene lezione attraverso la radio. Era il 1971.

Credo che il senso di repulsione irrazionale che hanno ancora molti riguardo le Università cosiddette telematiche sia attribuibile all’ignoranza dei meccanismi che occorrono in ogni ateneo. Chi mastica vita universitaria sa che le lezioni “in presenza” sono al più delle volte solo un ulteriore strumento d’ausilio che si accosta alle ore di studio, d’esercitazione e di discussione tra pari che caratterizza la vita dello studente. La verità è che i concetti si apprendono tramite l’esercizio continuato e approfondito della dottrina e che questo può e deve avvenire per la maggior parte del tempo in maniera indipendente e asincrona rispetto alle lezioni tradizionali. 

Nell’area scientifica questo aspetto è amplificato: seguire un ciclo di lezioni è totalmente inutile se poi, a casa, non si fanno ore e ore di esercizi. Che cosa allora è richiesto allo studente? Un controllo continuo del suo progredire, del suo livello di apprendimento e d’esercizio della materia. Nell’università cosiddetta “tradizionale” tale controllo viene – a volte colpevolmente – affidato e delegato allo studente stesso. Ecco che se egli non possedesse una ferrea volontà di giungere all’obiettivo difficilmente sarà giudice imparziale di sé stesso mentre si esercita. Nella telematica invece è istituita la prassi che sia l’ateneo ad esercitare tale controllo. Fa parte del nostro DNA. Sotto questo punto di vista, l’università telematica ha ipso facto più strumenti per essere efficace. Il vero problema è nel carico di responsabilità che si accolla lo studente nell’istante in cui accede ad un tipo di istruzione che non lo costringe a cambiare città, amici, luoghi e trasferirsi dove è edificata l’università. Questo è il vero punto: se non viene correttamente spiegato alla matricola che accedendo all’istruzione telematica viene ad assumersi la responsabilità di sé stesso allora sarà sempre una partita persa. 

Il caso virtuoso dell’Università Niccolò Cusano

All’università Niccolò Cusano noi non usiamo lasciare soli gli studenti, abbandonandoli a volte alla loro stessa inerzia, alla loro giusta voglia di divertimento ed evasione che la loro età potrebbe giustificare, bensì incanaliamo tali desideri in un percorso che rende tali momenti di ricreazione un giusto premio che segue l’impegno. 

Il controllo continuo della preparazione è lo spartiacque tra un’università che funziona da una che abbandona i “meno dotati”.  Sta tutto qui l’arcano. Gli strumenti prenderanno anche nomi fantasiosi: Etivity, Case Studies, Tutor didattici, Piattaforma, percorso Blended, etc., ma la vera chiave di volta è che si valuti istante per istante come lo studente procede esame per esame. Pensateci la prossima volta che la parola telematica vi susciterà dubbi. Pensate a cosa significa davvero imparare e se per questo vi serve cambiare città, spostarvi tutti i giorni di chilometri e consumare risorse economiche al limite delle vostre possibilità.

L’università è oggi un percorso quasi obbligatorio per puntare ad una tipologia di lavoro che sia perlomeno sufficiente nella soddisfazione economica e nella restituzione di serenità a risarcimento dell’alienazione necessaria. Non lo possiamo negare: ciò che era ottenibile fino agli anni novanta del secolo scorso attraverso un diploma di scuola media superiore è oggi dato dal possesso di almeno una laurea triennale. Moltissimi mestieri che richiedono specializzazione tecnica (periti, infermieri, etc.) necessitano ora di un percorso universitario. La vera domanda è come vogliamo giungere all’obiettivo di crescita personale, miglioramento individuale e sgrossamento della propria pietra grezza. L’università non vi insegnerà infatti solamente un mestiere, piuttosto vi doterà di un modus cogitandi, una disciplina personale che migliorerà voi stessi facendovi elevare dallo stato di mediocrità (ovvero quella condizione che ci rende simili alla media). Lo studio individuale e le lezioni frontali probabilmente non sono più sufficienti ad abbracciare questo pubblico così ampio che si è voluto inglobare nel mondo universitario rispetto al XX secolo. Oggi sono diverse le persone, meno abituate a comunicazioni lunghe e continue, meno abituate alla lettura di testi colossali, di fatto meno abituati a studiare nel senso classico. Ecco che le nuove tecnologie vanno piegate a servizio di un nuovo modo di insegnamento, un modo che parli il linguaggio delle nuove generazioni, un sistema che l’Università Niccolò Cusano studia e perfeziona da più di un decennio. Il futuro è il luogo dove i giovani di oggi sono chiamati a portare la luce. Noi gli passiamo la torcia giusta.

Prof. Pietro Oliva

Fisica Generale presso il dipartimento di Ingegneria (Unicusano)

Direttore del Laboratorio di Fisica Didattica