Attraverso alcune dichiarazioni a mezzo stampa la Lega apre il delicato dossier sulle nomine dei vertici delle società a controllo pubblico, il cui contratto è in scadenza tra la primavera del 2023 e il 2024: sono 135 in tutto, con nomi di alto profilo (e centralità politico-economica) quali Rai, Enel ed Eni.

Il fronte comune del Carroccio è lampante: serve un cambio di passo in linea con le sfide che attendono il nostro Paese in un anno, quale il 2023, che deve segnare una parziale riscossa dopo mesi complicati sotto tanti punti di vista.

Devono cambiare profondamente le loro politiche e il loro approccio alla modernità

Estratto delle dichiarazioni di esponenti della Lega

Lega chiede riforma radicale nelle nomine di Enel, Eni e Rai

Un altro tema spinoso che rischia di alimentare qualche tensione nella maggioranza, già messa a dura prova da diverse sfide precedenti (a cominciare da altre nomine quali quelle della squadra di governo) e da alcune più attuali (come le elezioni Regionali, che hanno confermato la gerarchia della coalizione). Ma la decisione finale potrebbe spettare esclusivamente a Giorgia Meloni, così come fece nella tornata precedente Mario Draghi, il quale mise i colleghi di governo di fronte al fatto compiuto.

Tra un mese circa (verosimilmente nei primi giorni di aprile) saranno dunque presentate le liste per il restyling delle nomine nelle grandi società partecipate dallo Stato. Da capire se l’uscita mediatica di alcuni esponenti di via Bellerio sia un modo di mettere le mani avanti e reclamare autorità nelle scelte decisionali, specialmente in alcuni dei nomi presenti sulla lista.

L’Italia deve mostrarsi all’altezza delle sfide più delicate, a partire dalla politica energetica su cui il governo è particolarmente attento

Già solo citando questo settore economico sono tirati in ballo tre big: Eni, Enel e Terna. A loro la Lega si rivolge direttamente quando accenna al “cambio di passo”, ed è probabile che il partito guidato da Matteo Salvini possa chiedere agli alleati di governo di rivedere i criteri di selezione delle pedine da collocare nei rispettivi scomparti.

Per il momento sulla questione c’è un assoluto silenzio da parte di Forza Italia e Fratelli d’Italia, più concentrate a breve termine ad esempio sulla questione dello stop al Superbonus e il suo possibile rifinanziamento. Della questione se ne occuperà Giorgia Meloni di ritorno dal suo viaggio istituzionale tra Polonia e Ungheria, almeno per recuperare il terreno perso ultimamente. D’altronde, la premier ha già dimostrato in passato di essere in grado di prendere decisioni in un lasso temporale ridotto, come accade nei tumultuosi e travagliati giorni di fine 2022.

Più complicato il discorso Rai, su cui non si può che partire dalla coda rappresentata dai mugugni politici rispetto ad alcune scene osservate durante il Festival di Sanremo, che ha sollevato non poche polemiche. In bilico ci sono l’ad Carlo Fuortes (con mandato in scadenza nel 2024), il responsabile del prime time Stefano Coletta (a cui si attribuisce il mezzo flop canoro di Sanremo) e il direttore editoriale del Tg1 (oggi poltrona occupata da Monica Maggioni).