Decreto cessione crediti: vecchi bonus da smaltire per 100 miliardi, ecco le proposte per riprendere le vendite. Salvati i crediti di imposta dei bonus edilizi e del superbonus 110% anteriori all’entrata in vigore del provvedimento di stop alle cessioni del governo guidato da Giorgia Meloni, adesso le attenzioni sono sul salvataggio del pregresso. Le ipotesi per riavviare le vendite dei bonus non mancano, anche se ci sarà da lavorare ai tavoli del ministero dell’Economia e delle Finanze con le associazioni di categoria per trovare una soluzione. Il dato dei 100 miliardi di euro di crediti d’imposta dei vecchi bonus arriva dai dati rilevati al 31 dicembre 2022. A fine anno scorso, esattamente, i crediti d’imposta erano pari a 105,5 miliardi di euro, bloccati nei cassetti delle banche e delle imprese, nonché degli operatori privati che poco hanno potuto fare per disfarsi del bonus recuperando le spese investite.
Decreto cessione crediti: vecchi bonus da smaltire per 100 miliardi, come fare?
A fronte di questo enorme volume di crediti dei bonus e superbonus edilizi in giacenza, i contribuenti hanno potuto smaltire solo 6,6 miliardi di euro in compensazione. La stragrande parte dei crediti rappresenta una bomba a orologeria con tutte le conseguenze della situazione, contraddistinta da previsioni di fallimenti di imprese e di posti di lavoro, oltre all’impossibilità per i privati di arrivare a recuperare gli investimenti effettuati sulle spese necessarie per far eseguire gli interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico delle abitazioni. Il decreto cessione crediti salva dunque la giacenza per i bonus esistenti al 16 febbraio 2023 purché sussistano determinate condizioni: ad esempio, per gli interventi in superbonus nelle parti comuni dei condomini, è necessario che entro due giorni fa sia stata approvata la delibera condominiale dei lavori e il condominio stesso sia in regola con la presentazione della Cilas di avvio degli interventi. Altrimenti si perdono i benefici fiscali. Lo stesso avviene per le villette a schiera, le unità unifamiliari e gli edifici costituiti da due a quattro unità abitative appartenenti allo stesso proprietario: è necessario essere in regola con la presentazione della Cilas alla data del 16 febbraio 2023. A queste condizioni, tutto il pregresso dei crediti dovrà essere smaltito. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si è affrettato a precisare che si dovranno aprire i tavoli tecnici con tutti gli operatori coinvolti nella filiera dei crediti edilizi. Da questo punto di vista, rientrerebbe tra le soluzioni adottabili dal ministero anche l’alleggerimento dei crediti d’imposta gravati da responsabilità solidale tra cedente del bonus e cessionario, ovvero le banche. Risolvendo la questione dei crediti in odore di frodi o di colpa grave, le banche potrebbero liberare spazio fiscale per procedere all’acquisto di nuovi crediti dagli operatori che, ad oggi, non sanno a chi venderli e non hanno abbastanza capienza fiscale per smaltirli nella dichiarazione dei redditi.
Ecco le proposte per riprendere le cessioni del superbonus
L’altra soluzione per smaltire i quasi 100 miliardi di crediti legati a bonus e superbonus pregressi è la proposta dell’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance) e dell’Associazione bancaria italiana (Abi), messa nero su bianco anche nella giornata di ieri in una nota congiunta. L’ipotesi è quella di fare leva sugli F24 che le banche accettano per il pagamento delle imposte dai propri correntisti cedendo una quota dei crediti d’imposta che hanno nei cassetti fiscali. “È necessaria una misura tempestiva che consenta immediatamente alle banche di ampliare la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24, compensandoli con i crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese e acquisiti dalle banche”, si legge nella nota comune delle due associazioni. Quindi, per le banche gli F24 presi in carico per i propri correntisti dovrebbero essere pagati per una quota utilizzando i crediti detenuti dagli stessi istituti di credito. Per i correntisti, questo meccanismo non comporterebbe delle spese, mentre per le banche l’operazione consentirebbe di ritornare sul mercato degli scambi dei crediti. Secondo i calcoli delle associazioni, gli F24 pesano annualmente tra i 400 e i 500 miliardi di euro: anche impegnando una quota pari all’1% di questi soldi, si arriverebbe ad agevolare lo smaltimento dei crediti d’imposta per 4 miliardi di euro all’anno.