Diversi studi hanno riscontrato che l’alcool può accelerare l’Alzheimer, la principale forma di demenza al mondo, anche se tuttavia risulta complesso determinare con precisione i meccanismi biologici alla base di questo legame.
Un nuovo studio condotto con peculiari modelli murini (topi), ingegnerizzati per manifestare un equivalente dell’Alzheimer umano, ha evidenziato che a seguito dell’esposizione all’alcool nel cervello si determina l’atrofia cerebrale, ovvero la perdita di cellule cerebrali e un conseguente aumento delle placche di beta amiloide, le proteine “appiccicose” che assieme ai grovigli di proteina tau sono fortemente connesse al morbo di Alzheimer.
I ricercatori hanno determinato che basta un consumo moderato per accelerare questi e altri meccanismi patologici. Naturalmente lo studio eseguito per ora solo su topi hanno fatto notare i simili principi fisiologici con l’essere umano il che suggerisce che le medesime dinamiche possano verificarsi anche nella nostra specie.
L’alcool può accelerare l’Alzheimer: la ricerca sui topi
A determinare che il consumo moderato di alcool può accelerare l’Alzheimer è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Scuola di Medicina Wake Forest, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Neurobiologia e Anatomia e della Sezione di Gerontologia e Medicina Geriatrica.
I ricercatori, coordinati dalla professoressa Shannon L. Macauley, sono giunti alle loro conclusione dopo aver sottoposto i topi a specifici esperimenti.
I roditori coinvolti erano del tipo APPswe/PSEN1dE9 (APP/PS1), un modello murino ingegnerizzato per esprimere una forma di demenza allo stadio iniziale e progressiva paragonabile all’Alzheimer umano.
I topi avevano libero accesso all’acqua o all’alcool, per simulare il consumo volontario che c’è anche nell’uomo. I ricercatori hanno analizzato il loro comportamento e hanno condotto vari esami tenendo presente l’alcool assunto nell’arco di 10 settimane.
Come già indicato, i topi che assumevano alcool presentavano un livello superiore di atrofia cerebrale e un maggior numero placche di beta amiloide, entrambi fattori associati a un’accelerazione della neurodegenerazione.
Le placche aumentate erano inoltre più piccole e ciò suggerisce una potenziale e superiore diffusione nel tessuto cerebrale con l’avanzare dell’età.
La professoressa Macauley e i colleghi hanno anche osservato una diversa distribuzione delle placche nella corteccia e nell’ippocampo. I topi che bevevano mostravano inoltre problemi comportamentali, come deficit nella costruzione del nido e una maggiore attività motoria, oltre a elementi legati all’ansia. Sono stati osservati anche cambiamenti nell’alimentazione e nell’intolleranza al glucosio (insulino-resistenza).
Alti livelli di etanolo determinavano un’alterazione del metabolismo cerebrale e nell’equilibrio nello stato eccitatorio/inibitorio del cervello. Tutti questi fattori messi assieme possono veicolare un’accelerazione della neurodegenerazione e dunque della malattia di Alzheimer.
Naturalmente, però per avere le necessarie conferme dello studio sono fondamentali le ricerche cliniche sull’uomo.
Nel 2050 saranno 150 milioni le persone affette da Alzheimer
“Questi risultati suggeriscono che l’alcool potrebbe accelerare la cascata patologica dell’Alzheimer nelle sue fasi iniziali”, ha dichiarato la professoressa Macauley in un comunicato stampa, aggiungendo che “anche un consumo moderato di alcool può provocare lesioni cerebrali”. Per questo gli autori dello studio lo considerano un fattore di rischio modificabile per la demenza e l’Alzheimer.
Ad oggi questa condizione colpisce circa 60 milioni di persone in tutto il mondo, ma si stima che entro il 2050 i pazienti saranno circa 150 milioni, con effetti devastanti sotto il profilo sanitario, sociale ed economico.
Normalmente questa patologia interessa persone con più di 65 anni, ma una piccola percentuale di casi riguarda anche i giovani. Recentemente è stato infatti diagnosticato il caso più precoce in letteratura scientifica, che ha coinvolto un giovane di appena 19 anni.
I dettagli della nuova ricerca “Ethanol exposure alters Alzheimer’s-related pathology, behavior, and metabolism in APP/PS1 mice” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neurobiology of Disease.