Seconda udienza al tribunale di Reggio Emilia per il processo sull’omicidio di Saman Abbas, la 18enne pachistana trovata morta nel maggio 2021. Nel dettaglio è il giorno delle parole dello zio Danish, ma ci sono anche altri aspetti importanti che sono emersi nel percorso verso la verità.

Il primo riguarda la presenza in Aula del fratello minore di Saman, il quale teme la stessa sorte della sorella, uccisa poiché non avrebbe accettato un matrimonio combinato dalla famiglia in Pakistan. Poi troviamo la posizione del padre, Shabbar, sempre detenuto in patria a Islamabad, il cui giudizio continua a essere rimandato. Infine, la decisione del giudice in merito ai soggetti che hanno dichiarato di volersi costituire come parte civile.

Processo Saman Abbas, il fratello e il fidanzato non testimonieranno

Nell’impianto accusatorio, la ragazza sarebbe stata uccisa e poi seppellita in un capannone vicino all’abitazione di Novellara dal padre, dai cugini e dallo zio.

A Reggio Emilia sono presenti i due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, e lo zio, Danish Hasnain, come imputati nel processo per l’omicidio di Saman Abbas. Tutti e tre hanno chiesto il rito abbreviato e sperano in uno sconto di pena, nello specifico l’udienza ha raccolto la testimonianza dello zio, le cui dichiarazioni sono rimaste abbastanza fedeli al passato e puntano sull’innocenza.

Per me era come una figlia, io non sono una persona cattiva, non le avrei mai fatto del male

Danish Hasnain, zio di Saman Abbas

Tuttavia, un passaggio supplementare c’è: l’uomo ha infatti ammesso di essere presente nel momento in cui il corpo della 18enne è stato seppellito. Presenza fisica ma non mentale, dal momento che “mi sono estraniato dalla scena poiché non riuscivo a sopportare la vista di ciò che stava accadendo”.

Riavvolgendo il nastro dell’accaduto, era stato lui a mostrare lo scorso novembre il luogo esatto in cui era seppellita la vittima, dando già in quell’occasione un chiaro indizio sulla sua presenza sul luogo del delitto. Come detto in apertura, in Aula è presente anche il fratello minore di Saman, che assiste al dibattito in quanto parte civile insieme al fidanzato della ragazza. Il suo legale, Valeria Miari, ha dichiarato ai media che “il ragazzo ha ricevuto forti pressioni dai parenti per essere ascoltato, oltre ad aver chiesto di poter vedere il corpo”. Claudio Falleti, difensore del fidanzato di Saman, fa sapere che “il mio assistito è soggetto a un periodo di forte stress, nonché a continue minacce che ci hanno spinto ad aprire un procedimento penale”.

Entrambi non dovrebbero essere chiamati alla sbarra nemmeno dagli avvocati difensori.

Per il padre ipotesi videoconferenza

Proseguendo nella composizione del puzzle troviamo poi la tessera di Shabbar, il padre di Saman. Ebbene, al momento il suo incastro risulta particolarmente complesso visto che il suo iter processuale in Pakistan sta andando particolarmente per le lunghe: un nuovo rinvio fissa l’ennesimo tentativo di ascoltare la sua versione al prossimo 17 marzo.

La sua posizione rispetto ai fatti è comunque nota ed è di totale innocenza. In ogni caso, la pazienza dei giudici italiani ha raggiunto il colmo, tant’è che l’ipotesi di mancata estradizione ha portato allo studio di un’alternativa: la videoconferenza con Islamabad. Lo ha proposto la Corte di Assise di Reggio Emilia, anche perché Shabbar non ha alcuna intenzione di farsi rappresentare da un avvocato difensore italiano. Ora si attende il parere del ministero per gli Affari Internazionali, che eventualmente notificheranno il provvedimento agli omologhi pachistani.

Chiudiamo il cerchio con le parti civili ammesse al processo. Ci sono molte associazioni del mondo arabo e islamico, a cominciare dalla Cii (Confederazione Islamica Italiana), oltre all’amministrazione comunale di Novellara.