Cessioni crediti bonus edilizi verso lo stop: governo verso lo stop a tutte le cessioni. Nel mirino dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni non ci sarebbe solo l’alt alle operazioni di acquisto dei crediti d’imposta dalle banche da parte di Regioni, Province e Comuni come era trapelato nelle scorse ore, ma la totalità dei trasferimenti dei bonus. È quanto svela Il Sole 24 Ore riguardo all’ipotesi di una bozza di decreto che sarebbe allo studio del governo in materia di crediti fiscali, in attesa del Consiglio dei ministri. Il clamoroso dietrofront in materia dei bonus edilizi bloccherebbe le cessioni e causerebbe il caos in un mercato ormai fermo da mesi, nel quale imprese e privati non riescono più a vendere i benefici fiscali derivanti da lavori edili fatti sugli immobili. Intanto, l’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance) lancia l’allarme: sono fermi 15 miliardi di euro di bonus e la situazione potrebbe mettere in ginocchio 25.000 imprese del settore se il governo imporrà il solo stop agli acquisti dei crediti agli enti locali.

Cessioni crediti bonus stop ecco cosa sta succedendo: il governo potrebbe bloccare tutti i trasferimenti e superbonus edilizi

Trovano conferme le voci che vorrebbero il ministero dell’Economia e delle Finanze bloccare l’acquisto dei crediti derivanti da bonus edilizi e, in primis, del superbonus 110% alle amministrazioni locali (Regioni, Province e Comuni). Gli enti locali, proprio in queste ultime settimane, sono scese in campo – o hanno manifestato l’intenzione di farlo a breve – per acquistare un quantitativo di crediti d’imposta per sbloccare i cassetti fiscali delle banche e far ripartire il mercato dei bonus. In più, il governo starebbe lavorando a una bozza di decreto con la quale intenderebbe stoppare tutte le cessioni dei crediti, anche quelli tra privati che rappresentano la quasi totalità delle operazioni. Secondo le anticipazioni de Il Sole 24 Ore, sarebbero tre le linee di intervento del governo nel settore dei crediti fiscali: la prima ipotesi è quella di bloccare l’intero mercato dei crediti e, dunque, la circolazione dei bonus mediante le cessioni da un operatore a un altro. In questo caso, si tratterebbe di disattivare l’intero impianto normativo che si regge sul decreto “Rilancio”, all’articolo 121. Rimarrebbero in essere solo i lavori già avviati. La seconda ipotesi poggerebbe sul solo divieto imposto agli enti pubblici nell’acquisto dei crediti, operazione che era stata avviata nelle scorse settimane con l’acquisto, da parte della Provincia di Treviso, di 14,5 milioni di euro di bonus da due banche del territorio e seguita, a ruota, da Regioni come Sardegna, Piemonte, Basilicata e Veneto, pronte a entrare nel mercato. Il decreto, dunque, mirerebbe a salvaguardare il bilancio degli enti locali coinvolti, classificando le operazioni di acquisto dei crediti come indebitamento, se non come debito pubblico, quanto meno come deficit, così come da interpretazione fornita da Luca Ascoli, direttore del Dipartimento statistiche di Eurostat, nell’audizione al Senato di martedì scorso. In tal caso, verrebbero annullate le operazioni di acquisto già effettuate dalla Provincia di Treviso e quelle in via di definizione della Regione Sardegna che sono gli enti che sono più avanti nel mercato del credito.

Rischio crisi e chiusura imprese con il blocco acquisti alle Regioni

C’è una terza ipotesi riguardo alla cessione dei crediti dei bonus edilizi. Il governo potrebbe intervenire per limitare la responsabilità dei fornitori che abbiano applicato lo strumento dello sconto in fattura e di chi abbia acquistato i crediti per i bonus in entrata. Il comportamento non negligente di questi operatori, ai quali si aggiungerebbe anche quello dei correntisti degli istituti bancari, si dimostrerebbe con tutta una serie di documenti, video e foto dell’avanzamento degli interventi, titoli edilizi, notifiche alle Asl, come prevede la circolare numero 33/E del 2022 dell’Agenzia delle entrate. In tal caso, si tratterebbe di una apertura per far ritornare a circolare i crediti fiscali. I bonus infatti, proprio a causa delle rigide regole adottate dal governo Draghi a partire dal novembre 2021, sono intrappolati nei cassetti fiscali di banche e imprese. A favore delle imprese è indirizzato l’allarme dell’Ance sul superbonus 110%: la situazione di blocco sta determinando, secondo i costruttori, un crisi sociale ed economica con 25.000 imprese a rischio fallimento. Tutto questo con il solo stop che dovrebbe arrivare per l’acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici.