Le proteste locali in Cina – al contrario di quanto si potrebbe pensare – non sono un evento così raro. E i pensionati a Wuhan lo stanno dimostrando: erano già scesi in strada la scorsa settimana – l’8 febbraio – promettendo che sarebbero tornati qualora le loro richieste non fossero state ascoltate. Così è stato. Stamane le strade di Wuhan, una delle città più drammaticamente conosciute in Cina, sono state inondate da proteste contro i tagli del governo alle assicurazioni sanitarie. I manifestanti hanno cantato l’Internazionale – melodia già nota durante le proteste dello scorso novembre contro le misure adottate per il Covid – e si sono radunati davanti al parco Zhongshan con un obiettivo: protestare contro taglio dell’indennità mensile per le prestazioni mediche, passata da 260 yuan (37 euro) ad 83. Le manifestazioni si sono registrate anche a Dalian, città nord-orientale del Paese, e a Guangzhou, città meridionale.
Cina, proteste contro tagli sanità: non sono le prime
Il secondo round di proteste mette nuovamente sotto pressione l’amministrazione di Xi Jingping, dopo che le significative proteste di novembre avevano già messo fortemente in discussione la sua leadership. Le proteste contro le misure zero-Covid di pochi mesi fa, che si erano registrate simultaneamente in più città, avevano slogan particolarmente forti, inediti, e apertamente contrari alla dirigenza del PCC. In quell’occasione si ascoltavano parole come “Xi Jingping dimettiti”. Le persone erano stanche dei tamponi di massa e dei lockdown improvvisi e rigidi che avevano ammazzato l’economia. Quella volta l’utilizzo degli strumenti social fu indispensabile per coordinare la discesa in piazza simultanea e furono soprattutto i giovani ad animare le manifestazioni. Questa volta, invece, sono per lo più pensionati anziani a scendere in strada. Sebbene tali questioni di assicurazione sanitaria siano gestite a livello provinciale, le proteste si sono diffuse in diverse parti del paese. Quella di oggi sembra proprio un’occasione per rinnovare la fiducia nel potere delle manifestazioni in Cina. E Pechino dovrà rispondere in qualche modo se non vuole continuare a vedere mobilitazioni scomode.