Allontanarsi dal lavoro e pagarsi i contributi volontari è la scelta giusta per la pensione? Quando pagare i contributi volontari non garantisce la pensione? Perché i contributi volontari servono se considerati utili ai fini della pensione? L’argomento sulle pensioni è incastrato in un vortice senza uscita. Troppe, modifiche, paletti ed eccezioni frenano l’uscita dal lavoro per la pensione.
In controtendenza, esiste un pensiero dissonante e riguarda la scelta di versare i contributi volontari per la pensione.
Tuttavia, l’aspetto monetario legato al versamento contributivo potrebbe non essere ripagato dalla pensione. Osserviamo ora, nel dettaglio, quando sono utili i contributi volontari.
I contributi volontari per la pensione 2023
Il lavoratore sceglie di versare i contributi volontari per maturare i requisiti di accesso al trattamento previdenziale o con una finalità diversa. In molti pensano di arricchire la pensione con l’apporto di versamenti contributivi, quindi, con la speranza d’incrementare il valore finale della pensione.
La natura volontaria della contribuzione versata pone in risalto la spesa da sostenere. In sostanza, si tratta di sostenere un costo per il pagamento della contribuzione. Ed è questo l’aspetto più interessante da considerare quando si pensa di arricchire il montante contributivo con versamenti volontari.
Se, ad esempio manca un anno o pochi mesi per il perfezionamento dei requisiti per la pensione. La contribuzione volontaria diventa una scelta giusta e permette di compensare la spesa nell’immediato ricevendo subito la pensione.
I contributi volontari sono utili al lavoratore nelle seguenti circostante, quali:
- “non svolge alcun tipo di attività lavorativa dipendente o autonoma (compresa quella parasubordinata);
- ha chiesto brevi periodi di aspettativa non retribuita per motivi familiari o di studio;
- ha un contratto part-time orizzontale o verticale”.
Contributi volontari INPS, conviene davvero?
Non sempre si pensa di ricorrere alla contribuzione volontaria, spesso avviene quando il lavoratore si trova nella posizione d’interruzione o sospensione dell’attività lavorativa.
Non si tratta di un’alternativa personale, ma di una possibilità prevista dall’ordinamento previdenziale regolamentata dal decreto legislativo numero 184/1997. In sostanza, il lavoratore che si rivolge all’INPS per il pagamento dei contributi volontari richiedere l’applicazione di un diritto confermato dalla normativa anche se limitatamente.
Possono richiedere il versamento dei contributi volontari:
- “i lavoratori dipendenti e autonomi purché non iscritti all’INPS o ad altre forme di previdenza;
- i lavoratori parasubordinati purché non iscritti alla Gestione Separata o ad altre forme di previdenza obbligatoria;
- i liberi professionisti purché non iscritti all’apposita Cassa di previdenza o ad altre forme di previdenza obbligatoria;
- i lavoratori dei fondi speciali di previdenza (telefonici, elettrici, personale di volo, ecc.) purché non iscritti ai rispettivi Fondi o ad altra forma di previdenza obbligatoria;
- i titolari di assegno ordinario di invalidità o di pensione indiretta (ai superstiti o reversibilità)”.
Secondo quanto sancito dall’articolo 1, comma 7 della legge numero 335/1995, non possono richiedere la contribuzione volontaria i contributivi puri, ovvero coloro che possiedono una contribuzione dopo il 31 dicembre 1995
L’Ente nazionale di previdenza sociale considera ai fini della pensione sia i contributi volontari che quelli derivanti dal lavoro.
Ecco, perché, spesso i lavoratori a cui manca un anno per maturare i 42 anni e 10 mesi di contributi, richiedono il pagamento della contribuzione residua e, anche, nel caso della pensione di vecchiaia e così via.
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Quali sono i requisiti previsti dall’INPS
L’Ente nazionale di previdenza sociale permette il versamento della contribuzione volontaria ai lavoratori che possiedono un’anzianità contributiva minima pari a un quinquennio, di cui l’ultimo triennio deve risultare negli ultimi cinque anni prima della richiesta.
Possono accedere ai versamenti dei contributi volontari i lavoratori che abbiano cessato o interrotto l’attività lavorativa, ma anche coloro che rientrano in altre condizioni, tra cui:
- “i lavoratori e i pensionati iscritti a forme di previdenza diverse da quelle dell’INPS, autorizzati prima del 1° luglio 1972;
- i coltivatori diretti, mezzadri e coloni autorizzati nell’Assicurazione Generale Obbligatoria precedente al 19 febbraio 1983;
- gli artigiani e i commercianti autorizzati nell’Assicurazione Generale Obbligatoria con decorrenza anteriore al 1° marzo 1983;
- i liberi professionisti autorizzati nell’Assicurazione Generale Obbligatoria con decorrenza anteriore al 19 febbraio 1983.”
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