Suicidio Rupe Atenea, c’è una svolta. Il 18 maggio del 2017, una ragazza di 17 anni ha compiuto il gesto anticonservatorio poco meno di due anni dopo essere stata costretta a fare sesso di gruppo e filmare le scene. È questa l’ipotesi formulata dalla Procura di Palermo, che ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, per i due maggiorenni coinvolti nell’inchiesta.
Il corpo della ragazzina, Alice Schembri, era stato trovato senza vita nella Valle dei Templi (Agrigento, Sicilia), alla Rupe Atenea, dove si era lanciata nel vuoto, dopo aver annunciato il suo gesto con un lungo e straziante post pubblicato su Facebook alle ore 10.33 con la frase “Addio“:
“Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte… Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando. Ho provato a conviverci e in alcuni momento ci riuscivo così bene che me ne fregavo, ma dimenticarlo mai… E allora ho pensato… Perché devo sopportare tutti i momenti no, Che pur fregandomene, sono abbastanza stressanti, se anche quando tutto va bene e come dico io, il mio pensiero è sempre là? Non sono una persona che molla, una persona debole, io sono prepotente, voglio cadere sempre in piedi e voglio sempre averla vinta, ma questa volta non posso lottare, perché non potrò averla vinta mai, come però non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così…“.
Suicidio Rupe Atenea, i video che incriminano quattro ragazzi, di cui due minorenni
Indagando sull’episodio, la Squadra mobile, è arrivata ad alcuni video che immortalavano la diciassettenne, due anni prima, mentre faceva sesso di gruppo con quattro ragazzi, di cui due all’epoca minorenni. Sono arrivati a ciò, dopo aver scattato alcune piste, come ad esempio, quella delle sette sataniche. I quattro giovanissimi – è l’atto di accusa dei PM della Procura di Palermo, Luisa Bettiol e Giulia Amedeo – avrebbero abusato delle sue condizioni di inferiorità e psichica “legata al consumo di sostanze alcoliche“. Nelle immagini girate, alla ragazza sarebbe stato intimato di rimanere ferma e non si sarebbero fermati neppure davanti al suo espresso rifiuto. Quest’ultima cosa, secondo l’accusa, viene ripetutamente dichiarata con frasi dal contenuto inequivocabile: “Non voglio“; “Non posso“; “Mi uccido“; “No, ti prego… mi sento male“.
La ragazza aveva dunque manifestato apertamente il suo dissenso ai quattro giovani, ma loro, a turno, l’avrebbero costretta a subire un rapporto sessuale completo e un rapporto orale, il tutto mentre la scena veniva filmata con il telefonino. Oltre all’accusa di violenza sessuale di gruppo ai danni di minore, si aggiunge quella di produzione di materiale pedopornografico. Tale ipotesi di reato ha fatto scattare la competenza della Procura di Palermo, alla quale i colleghi di Agrigento hanno trasmesso agli atti.
Ai quattro indagati si contesta di avere realizzato e prodotto materiale pedopornografico con una quindicenne costretta “con violenza e abuso” a subire i rapporto. Le due aggravanti contestate sono: l’avere realizzato i video con una minore di 15 anni e l’averlo commesso “in più persone riunite“.
I PM della Procura di Palermo hanno concluso le indagini preliminari per i due maggiorenni immischiati nell’inchiesta, entrambi 27enni, di cui si omettono le generalità a tutela della privacy della presunta vittima. Dei due all’epoca minorenni, si sta occupando invece la Procura minorile.
Gli avvocati Daniela Posante e Antonio Provenzani, difensori dei due indagati, con l’avviso di fine inchiesta avranno venti giorni di tempo per prendere visione di tutti gli atti, produrre memorie e atti difensivi, o sollecitare ulteriori atti di indagine. Successivamente potrebbe presentarsi la richiesta di rinvio a giudizio.