La Commissione Ue ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia a proposito delle condizioni di accesso al Rdc, il Reddito di cittadinanza. Si tratta di un procedimento che l’Unione Europea dispone agli Stati membri responsabili di una violazione degli obblighi derivanti dal diritto comunitario. Sotto la lente d’ingrandimento dell’esecutivo europeo sono finite dunque le condizioni di accesso al Reddito di cittadinanza, che sarebbero in contrasto con le norme Ue sulla libera circolazione dei lavoratori e sui diritti dei cittadini.
In particolare, per la percezione del Rdc è richiesto l’obbligo di aver risieduto in Italia per almeno dieci anni: secondo l’esecutivo Ue, il Reddito dovrebbe essere invece accessibile ai cittadini Ue a prescindere dalla loro residenza passata. Secondo la Commissione, il requisito dei dieci anni di residenza in Italia costituisce dunque una “discriminazione indiretta“.
La Commissione Ue apre infrazione sul Rdc in Italia: ecco perché i requisiti del Reddito potrebbero essere discriminatori
Attraverso la sua lettera di messa in mora, l’Unione Europea sottolinea come il requisito di dieci anni di residenza in Italia potrebbe essere facilmente non rispettato da cittadini non italiani. Una misura che, tra le altre cose, discrimina indirettamente anche i beneficiari di protezione internazionale, che non rispettando il requisito sopra citato non hanno accesso alla misura. Gli italiani intenzionati ad andare a lavorare all’estero, infine, potrebbero essere scoraggiati dal loro intento, poiché una volta tornati non potrebbero percepire il Reddito.
La palla passa ora a Roma, che ha due mesi di tempo per rispondere: in mancanza di chiarimenti soddisfacenti, la Commissione potrebbe procedere allo stadio successivo, il parere motivato, con cui opererebbe una formale diffida.
Una procedura d’infrazione per motivi simili è stata lanciata nei confronti dell’Italia per la questione dell’assegno unico per i figli a carico, introdotto nel marzo 2022 e disponibile solo per chi ha almeno due anni di residenza in Italia e per coloro che vivono insieme ai figli. Due disposizioni considerate in contrasto con diverse norme Ue. Anche in questo caso Roma ha due mesi per rispondere per scongiurare l’ipotesi del parere motivato.