Attraverso un’intervista alla carta stampata il ministro degli Esteri Antonio Tajani ritorna ancora una volta sul dossier Ucraina nel tentativo di ricomporre il vaso i cui cocci sono stati sparsi dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi risalenti a pochi giorni fa: il coordinatore di Fi ribadisce che la posizione del governo italiano è quella di sostegno al diritto di autodifesa di Kiev, ma che al momento non c’è alcuna intenzione di emanare un nuovo decreto sulle armi da inviare a Zelensky.
Attualmente l’Italia ha confermato il sostegno militare all’oppresso per tutto il 2023, votando a sostegno del sesto pacchetto circa un mese fa e prorogando così la scadenza fissata dal precedente governo Draghi al termine del 2022. Allo studio un mini-pacchetto congiunto con la Francia per la difesa aerea.
Noi vogliamo la pace in Ucraina, tuttavia siamo consapevoli che si possa raggiungere solo continuando ad armare l’esercito di di Kiev
Antonio Tajani a Repubblica
Decreto armi Ucraina, l’Italia frena e pensa alla ricostruzione del Paese
Lunedì sera il titolare della Farnesina aveva di fatto dovuto smentire il suo “superiore” con una serie di dichiarazioni necessarie a salvare l’orgoglio di Forza Italia e quello personale, in quanto ministro degli Esteri. Come detto, il maquillage si completa con l’intervista odierna dove si rimarca una volta di più il mantra secondo cui “l’Italia sta dalla parte dell’Ucraina“, ma senza l’attuale necessità di stipulare un decreto armi ex novo.
Un altro passaggio su cui Tajani preme di soffermarsi è quello della cooperazione internazionale rispetto alla guerra. L’Italia non è da sola nel supporto a Kiev e continua a lavorare per la pace e per l’indipendenza, “al fianco della Nato e dell’Europa“. Tuttavia, il vero punto saliente che fa da congiunzione rispetto alle esternazioni del Cavaliere è un altro:
Ciò non vuol dire che invieremo armi in grado di attaccare la Russia, non siamo certo contro il popolo russo
Poi, una volta espiato il peccato da lui subìto, Tajani intende ricordare la posizione storicamente atlantista ed europea di Silvio Berlusconi, “che si è espresso contro l’aggressione russa già lo scorso marzo e ha sempre votato anche in sede europea a favore di Kiev“. Rimane comunque arduo accettare le parole dell’ex premier come un momento di scarsa lucidità, così come eccessivamente pomposo appare rievocare la stretta di mano tra Russia e Stati Uniti a Pratica di Mare nel 2002.
Il vero stallo della guerra in Ucraina, che emerge anche dalle dichiarazioni dello stesso Tajani, è la necessità di trovare un equilibrio tra l’esigenza di arrivare a una pace e la garanzia che la fine delle ostilità rispetti il principio di sovranità di Kiev, senza dunque scendere a patti e compromessi per arrivare a un disarmo. Importante, al contempo, che non passi in secondo piano tutto l’aiuto che la Farnesina sta garantendo extramoenia: dal soccorso medico all’accoglienza dei rifugiati.
Infine, battuta conclusiva su ciò che sarà il domani, si spera quanto prima, dell’Ucraina: ad aprile è in programma una riunione interna al nostro Paese nella quale saranno discusse le strategie economiche e organizzative affinché l’Italia sia in prima linea nella ricostruzione del nuovo Stato libero.