Svolta nell’omicidio Piampiano di Assisi: sarebbe stato scarcerato, con l’obbligo di firma, Piero Fabbri, il 56enne ritenuto responsabile di aver sparato al giovane 24enne durante una battuta di caccia al cinghiale, uccidendolo, lo scorso gennaio. La decisione del giudice del Tribunale di Firenze segue la richiesta dell’imputato e del suo legale di poter accedere al Riesame: secondo la difesa, Piampiano sarebbe morto anche se Fabbri avesse allertato tempestivamente i soccorsi. Se ciò venisse dimostrato, l’ipotesi accusatoria di omicidio volontario con dolo eventuale potrebbe essere rimodulata in quella di omicidio colposo. Ricostruiamo insieme la vicenda.
Omicidio Piampiano Assisi: la ricostruzione dei fatti
I fatti risalgono allo scorso 11 gennaio: durante una battuta di caccia al cinghiale nel parco del Subasio, in provincia di Assisi, il 24enne Davide Piampiano era stato colpito da un proiettile, morendo poco dopo per le gravi lesioni riportate. Secondo le prime ricostruzioni, basate sulle dichiarazioni rese da parte di vari testimoni, era emerso che la vittima si trovava a caccia con un amico e che un terzo cacciatore, non impegnato con loro nella battuta, ma residente in quella località, aveva trovato Davide in fin di vita dopo aver udito in lontananza uno sparo ed essersi avvicinato per verificare se fosse successo qualcosa e i due stessero bene. Una versione dei fatti su cui gli inquirenti si erano mostrati fin da subito dubbiosi e che, in effetti, è poi stata confutata in sede di autopsia.
I rilievi effettuati dal medico legale sul corpo della vittima e le successive indagini delle forze dell’ordine hanno infatti permesso di accertare l’esatta dinamica dei fatti. Fondamentale, in tal senso, è stata la visione dei filmati registrati dalla GoPro del giovane, rinvenuta sul luogo del delitto assieme a telefoni, armi ed indumenti. Proprio i video girati dalla vittima hanno consentito di stabilire che il colpo fatale non è stato esploso accidentalmente dal fucile della vittima a seguito di una caduta, come si era detto all’inizio, ma da quello di un terzo cacciatore, presente nella stessa battuta di caccia, che aveva poi tentato di depistare le indagini alterando lo stato dei luoghi, scaricando l’arma di Piampiano, disfacendosi del proprio fucile e della propria giacca da caccia e omettendo di chiamare tempestivamente i soccorsi che, secondo l’accusa, avrebbero potuto salvare il 24enne.
L’uomo, un 56enne di nome Piero Fabbri – che, secondo i testimoni, sarebbe stato per la vittima una sorta di “secondo padre” – è stato quindi accusato di omicidio volontario con dolo eventuale e trasferito nel carcere di Capanne lo scorso 27 gennaio. “Nel giro di telefonate fatte e ricevute nel corso dei lunghissimi 17 minuti nel corso dei quali il giovane urla di dolore in maniera straziante, Fabbri, lungi dal chiamare i soccorsi, non ha fatto altro che perseverare a raccontare agli interlocutori la menzogna dell’autoferimento di Davide. Pur davanti all’amico morente continua a non attivarsi con chi dovrebbe, pensa a scaricare il fucile della vittima per garantirsi l’impunità”, si legge nella nota del Gip che ne ha ordinato il fermo.
Ma, in attesa della sentenza del Riesame, Fabbri sarebbe stato ora scarcerato, con l’obbligo di firma. “Sono molto contento – avrebbe dichiarato al momento della scarcerazione – anche se ho il cuore a pezzi per la morte del mio amico Davide”. A prendere questa decisione, su richiesta del pm che ha accolto l’istanza del suo difensore, l’avvocato Luca Maori, è stato il Gip. La tesi sostenuta dalla difesa è infatti quella che Davide sarebbe morto anche se Fabbri avesse provveduto ad allertare i soccorsi, viste le ferite riportate dopo essere stato raggiunto dal colpo di fucile: se ciò fosse dimostrato, potrebbe esserci una rimodulazione dell’ipotesi accusatoria in omicidio colposo.