Esistono delle disposizioni “eccezionali” che permettono la pensione a 61 anni e anche 56 anni, assicurando un’uscita flessibile anticipata vantaggiosa.

Nelle ultime settimane si è molto parlato della pensione di vecchiaia legata all’età di 67 anni, delle condizioni che portano a non aspettare tanto tempo per la pensione, ma soprattutto, degli anni di contributi.  

Pensione 2023: panoramica delle misure attive

Per ora, andare in pensione non è una passeggiata, come dovrebbe essere, anzi è diventato un viaggio tortuoso. Tanti non raggiungono l’età pensionabile per poco, altri anche in presenza di 67 anni non possiedono il giusto numero contributivo necessario per la pensione. Non sempre si riesce a maturare 20 anni di contributi.

Per la pensione anticipata ordinaria occorrono quasi 43 anni di contribuzione, ovvero 42 anni e 10 mesi di versamenti. Più semplice per le donne, ma di poco, con 41,10 anni di contributi.

Poco si è invece discusso della pensione precoci, ovvero dell’uscita anticipata con 41 anni di contributi. Nulla sul vincolo di 12 mesi prima dei 19 anni e sulla presenza della categoria di maggior tutela. Insomma, Quota 41 precoci vincolata da tre requisiti indispensabili.

Opzione donna che non permette più l’uscita a 58 e 59 anni con 35 anni di contributi effettivi, ma siamo passati a 60 anni con lo sconto di due anni su un massimo di due figli.

Resta in piedi l’anticipo pensionistico Ape sociale con un’uscita a 63 anni e svariati contributi tra 30 e 36, variabili in base alla categoria di appartenenza del lavoratore.

La novità del 2023 riguarda la pensione anticipata Quota 43 con un’uscita a 62 anni e 41 di contributi.

L’obbiettivo di queste misure resta quello di anticipare la pensione di vecchiaia, quindi di smettere di lavorare a 67 o 70 anni per la pensione con un montante contributivo di 20 anni.

 Nella panoramica pensionistica sopra esposta il requisito anagrafico e contributivo muta drasticamente in funzione della misura di cui si richiedere l’accesso.

In pensione a 61 e 56 anni con la disabilità grave

Se la Commissione medica ASL – INPS conferma la presenza di un’invalidità pensionabile nella misura dall’80 per cento, si aprono diverse prospettive pensionistiche. Infatti, i lavoratori (uomini) possono ritirarsi dal lavoro a 61 anni, mentre le lavoratrici (donne) possono lasciare il lavoro a 56 anni di età.

Tra i requisiti richiesti oltre al certificato di disabilità grave, anche un montante contributivo di 20 anni.

In questo caso, il lavoratore ottiene la pensione di vecchiaia anticipata saltando all’incirca 10 anni per la pensione di vecchiaia ordinaria, ovvero età 67 anni e 20 anni di contributi.

 Come andare in pensione a 56 anni nel 2023? Le differenze

La pensione di vecchiaia anticipata incamera più di un vantaggio rapportata alle altre misura sopra esposte.

Ad esempio, la pensione anticipata Quota 103 prevede il ritiro dal lavoro non prima dei 64 anni di età, se perfezionati 41 anni di versamenti contributivi.

In questo caso, il vantaggio rispetto alla misura per i disabili è doppio, sia per l’aspetto anagrafico che contributivo. Per l’età parliamo di anni numerosi anni in meno, per il montante contributivo la differenza corrisponde a ben un ventennio contributivo in meno.

Medesimo discorso, se paragoniamo la pensione di vecchiaia anticipata a Opzione donna. In questa seconda ipotesi accresce lo svantaggio trattandosi di una misura sempre più penalizzante per le donne, non solo per l’aspetto anagrafico, ormai occorrono 60 anni per lasciare il lavoro, senza sconto per i figli e con diverse condizioni. Ma, soprattutto, per la liquidazione della pensione calcolata unicamente con il sistema contributivo.

Oltretutto, anche se Opzione donna è stata dotata di un requisito d’invalidità resta una misura penalizzante rispetto alla pensione di vecchiaia anticipata. Non solo per l’aspetto anagrafico, per la seconda occorrono 56 anni anziché 58, ma anche per l’aspetto contributivo nella prima servono 35 anni di contributi, per l’altra appena 20.