Il termine flat tax, che si può tradurre con “tassa piatta”, indica un sistema fiscale non progressivo basato su un’aliquota fissa, al netto di eventuali deduzioni fiscali o detrazioni. In altre parole, in un regime di flat tax viene appiattita la progressività dell’imposta e tutti i contribuenti versano in tasse la stessa percentuale del proprio reddito, indipendentemente da quanto guadagnano.
L’obiettivo generale dei sostenitori della flat tax con aliquota del 15 o del 23 per cento è quello di sostituire l’attuale sistema di tassazione progressiva IRPEF per aliquote e scaglioni con una tassa piatta uguale per tutti.
Fase 1, flat tax per le partite IVA
Un primo tentativo di avvicinamento alla flat tax è stato già fatto con l’estensione dei limiti per l’accesso al regime forfettario per le partite IVA che già prevedeva l’applicazione di un’imposta sostitutiva IRPEF con aliquota pari al 15 per cento. E nella Legge di Bilancio 2023 ci sarà un altro intervento che mira a portare il limite di ricavi da 65.000 ad 85.000 euro.
Fase 2, flat tax per le “famiglie fiscali”
La proposta di introdurre una flat tax sia per le famiglie che per le imprese consentirebbe di far diminuire l’elevatissima pressione fiscale in Italia, tra le più alte nel mondo e, tra i vantaggi c’è chi sostiene che sarebbe un fattore utile a ridurre il fenomeno dell’evasione fiscale.
Fase 3, flat tax per tutte le persone fisiche
Applicazione della flat tax al 15% a tutti i contribuenti senza i limiti stabiliti nelle fasi precedenti.
I contro di chi, invece, ritiene non sarebbe produttivo in Italia introdurre una flat tax ad aliquota unica si concentrano sul fatto che la proposta è in contrasto con il principio di progressività dell’imposizione fiscale e che cancellare la tassazione IRPEF per aliquote e scaglioni porterebbe ad un crollo delle entrate tributarie.
In altre parole, il welfare avrebbe meno risorse per finanziare quei servizi che sono importanti proprio per chi è meno abbiente. Per capire però se le risorse recuperate dall’evasione fiscale possono effettivamente compensare quelle perse per il minor gettito fiscale, si può guardare all’esempio della cedolare secca, che possiamo considerare una flat tax che si applica agli affitti. In pratica il reddito ricavato dal possedere un’immobile è tassato allo stesso modo, al 21%, a prescindere da quanto alto sia l’affitto. Quindi rimane sempre al 21%, sia che si tratti di una stanza in un appartamento di provincia, sia di un attico in centro città. Se si applicasse un sistema proporzionale, invece, sugli affitti medio-alti la tassa dovrebbe essere del 43%. Da quando è stata introdotta la cedolare secca, effettivamente un po’ di evasione è stata recuperata: i contribuenti che hanno scelto di usare la cedolare secca sono 2,5 milioni e sono stati recuperati tra 1 e 1,5 miliardi ogni anno. Questi però non sono stati sufficienti a coprire il minor gettito dovuto a una tassa piatta.
Anna Bonapersona