Opzione donna, i nuovi requisiti 2023 fanno perdere la pensione a 40mila lavoratrici. È questa la quantificazione delle mancate uscite tra le lavoratrici fatta dal patronato Inac Cia che auspica dei correttivi fin da subito. Il flop della misura uscita riformata dalla legge di Bilancio 2023, con i nuovi parametri soprattutto per le donne caregiver che – per giunta – vedono assottigliarsi anche l’assegno di pensione qualora rientrassero nella nuova opzione donna, avrebbe fatto correre ai ripari il governo guidato da Giorgia Meloni che, nella giornata di ieri, avrebbe espresso la volontà di andare incontro alle lavoratrici con un bonus contributivo di quattro mesi per ogni figlio. Numeri alla mano, in ogni modo, Inac Cia registra la perdita delle uscite anticipate da lavoro delle lavoratrici, a tal punto da ribattezzare la misura 2023 come “Illusione donna”. Secondo le stime sarebbero appena 2.900 le lavoratrici che rientrerebbero nei requisiti della nuova opzione donna, rispetto alle oltre 23mila del 2022.
Opzione donna, i nuovi e inaccessibili requisiti 2023 fanno perdere la pensione a 40mila lavoratrici
Da inizio di questo mese, Inac Cia sta registrando il flop della nuova opzione donna edizione 2023. La misura, così come è stata riformata dalla legge di Bilancio di quest’anno, sta frenando le pensioni anticipate delle lavoratrici. Addirittura, Inac Cia calcola in 40mila le lavoratrici che, nel corso dell’anno, dovranno rinunciare ad avere un’opzione di scelta di uscita anticipata per via dei requisiti aggravati dalla Manovra 2023. In più c’è la questione della riduzione dell’assegno di pensione: le lavoratrici che sono in regola con i requisiti dell’opzione donna, devono comunque mettere in conto una perdita della pensione indicativamente intorno al 30% rispetto al mensile che percepirebbero se non dovessero rinunciare al meccanismo di pensionamento di provenienza (necessariamente almeno quello “misto” dati i 35 anni di contribuzione richiesti, comprendendo quindi almeno parte del “retributivo”) per accettare il ricalcolo della pensione con il solo sistema “contributivo”. “Dall’apertura dello sportello del 1° febbraio 2023 per presentare domanda di pensione anticipata con opzione donna – si legge in una nota di Inac Cia del presidente del patronato Alessandro Mastrocinque – registriamo una sostanziale assenza di possibili beneficiarie”. Le stime governative delle donne che rientreranno nei nuovi requisiti della misura individuano in meno di 3.000 le lavoratrici che hanno un’età minima di 60 anni unitamente a 35 anni di contributi e che rientrano in uno dei tre parametri fissati per quest’anno, ovvero che assistano il coniuge o un parente di 1° grado convivente con handicap in situazione di gravità, che abbiano un’invalidità di almeno il 74% o che siano state licenziate o dipendenti di imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa.
Paradosso caregiver lavoratrici che si prendono cura del coniuge o di un familiare
I nuovi requisiti 2023 della pensione opzione donna stanno determinando un calo drastico delle lavoratrici che possono uscire anticipatamente dal lavoro rispetto alla pensione di vecchiaia dei 67 anni di età. Le stime sono impietose se rapportate ai requisiti richiesti fino al 31 dicembre 2022, ovvero dell’età minima di 58 anni (o di 59 anni per le autonome), unitamente a 35 anni di contributi, che erano gli unici parametri validi per agganciare l’opzione donna fino al 2022 e che hanno permesso a oltre 23mila lavoratrici di uscire prima dal lavoro. E poi c’è il paradosso delle caregiver, determinato da uno dei requisiti richiesti dalla normativa del 2023 sull’opzione donna: nonostante la doppia attività lavorativa – quella in azienda e quella a casa nella cura del coniuge o di un parente convivente in situazione di handicap grave – il ricalcolo dell’assegno di pensione prevede – come per tutte le altre lavoratrici nel caso in cui dovessero agganciare opzione donna – il taglio dell’assegno mensile del 30%. “Consentire alle donne di anticipare l’uscita pensionistica riconoscendone l’importante ruolo di caregiver per poi tagliare l’assegno del 30 per cento è un atteggiamento gravemente vessatorio nei confronti di una parte del Paese indispensabile per la tenuta sociale – ha sottolineato la presidente dell’Associazione Donne in Campo, Pina Terenzi – Così come si è rivelata discriminante tra chi ha figli e chi no. È ora di rivedere questa misura e renderla praticabile per tutte le donne”. La legge di Bilancio 2023 ha previsto, infatti, uno sconto contributivo di un anno per le donne con un figlio e di due anni per quelle con due figli. Bonus che, in ogni modo, diventano inaccessibili se non si maturano i gravosi requisiti dell’opzione donna 2023.