Un romanzo inchiesta riapre il caso Aldo Moro.Roma. Il cadavere di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, viene ritrovato a Roma, in via Michelangelo Caetani, nel bagagliaio di una Renault 4 rossa il 9 maggio 1978. Erano trascorsi cinquantacinque giorni dal sequestro, avvenuto in via Fani il 16 marzo, ad opera delle Brigate Rosse. È storia nota, come noto è il decorso successivo della vicenda, tra indagini, processi, depistaggi, scenari diversi e contrastanti, zone d’ombra che tutt’ora non sembrano destinate a diradarsi.

Un mistero italiano, insomma, tra i tanti che ancora reclamano giustizia. E che oggi il volume “Aldo Moro. Una verità compromessa” di Michel Emi Maritato, mira a ripercorrere, ponendolo appunto in correlazione con altre vicende sostanzialmente irrisolte (la morte di Enrico Mattei, la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, l’omicidio di Pier Paolo Pasolini).

L’autore, giornalista, criminologo, presidente di Assotutela, figura tra le più originali ed eclettiche del nostro panorama culturale, propone una originale inchiesta sotto forma di romanzo, come nella sua precedente fatica letteraria (“La fine del diverso”, proprio dedicata al delitto Pasolini), che ricostruisce il caso Moro e giunge a suggerire una singolare ipotesi che ne spieghi l’omicidio, ancorandolo al peculiare assetto politico-economico di quegli anni.

Il caso Moro riaperto da un romanzo-inchiesta

Il 16 marzo del 2008, domenica delle Palme, a 30 anni dal rapimento di Moro, il vescovo di Caserta Raffaele Nogaro nell’omelia chiese l’avvio di un processo di beatificazione per lo statista democristiano definendolo “un uomo di infinita misericordia, che perdonò tutti”. Il 20 settembre 2012 il presidente del tribunale diocesano di Roma diede il via libera all’inchiesta sulla beatificazione di Aldo Moro dopo il nulla osta concesso dal vicario del Papa, cardinal Agostino Vallini, che indicò Moro come “servo di Dio”.

Un romanzo-inchiesta che riapre un caso storico, quello di Aldo Moro. Un volume che si auspica possa riaprire il dibattito sulla vicenda, arricchito dagli autorevoli contributi del giornalista Fabio Camillacci, del criminologo Luca Marrone, dell’avvocato Nino Marazzita (all’epoca, legale della moglie e di una figlia di Moro) e dalla testimonianza di Giovanni Ricci (figlio di Domenico, uno dei Carabinieri uccisi nell’agguato di via Fani).