Radio, tv, giornali cartacei e on line. Nella mia vita da giornalista ho avuto la fortuna di lavorare in mezzi di comunicazione di ogni tipo e sapete qual è il media più bello? La radio, considerata la sorella povera della televisione. Non è così. La scoprii fin da bambino quando ascoltavo Tutto il calcio minuto per minuto e le cronache notturne degli incontri di boxe tra Benvenuti e Griffith, il Gazzettino toscano e Sorella radio, la trasmissione ideata da Silvio Gigli per i malati.
Verso la fine degli anni Settanta, all’alba delle emittenti private che nascevano nei sottoscala, nei circoli ricreativi e politici, nei quartieri, cominciai a lavorare alla radio. Tempi pionieristici davvero, più da radioamatori che da giornalisti. Mi piace ricordare quegli anni proprio nella data, il 13 febbraio, in cui si celebra la giornata mondiale della Radio e quel programma che ha appassionato generazioni di italiani incollati alle radioline per sapere il risultato della squadra del cuore dalle inconfondibili voci e dalla super competenza tecnica di Roberto Bortoluzzi, Enrico Ameri e Sandro Ciotti e dal loro giovane e brillante “allievo” Riccardo Cucchi.
La stagione delle emittenti private e i Ciotti e gli Ameri di provincia
Un programma così bello che provai a riprodurlo nella radio, a Siena, dove lavoravo con collegamenti dai campi sterrati di provincia, dove si disputavano infuocati derby tra la Cinghiala di Chiusdino e il Monticiano, tra la Colligiana e il Poggibonsi. Esperienze indimenticabili e formative. E anche noi avevamo i nostri Ciotti e Ameri. Nomi sconosciuti ma di grande bravura. Penso, tra gli altri ad Alessio Berti, farmacista di Castellina in Chianti, insuperabile narratore delle gesta della squadra del paese, e Riccardo Lorenzetti, il poeta di Petroio che parlava dei Leoni di Valgelata come se fossero i campioni del Real Madrid.
Racconti, voci, suggestioni, emozioni. Ecco perché la Radio è una Sorella che giustamente va celebrata.
Stefano Bisi