Il nodo delle pensioni donna resta ancora da districare e le novità, per ora, sono poche. L’incontro al ministero del Lavoro avvenuto oggi termina con una fumata nera, come prevedibile del resto. Spunta però l’ipotesi di rendere in qualche modo ampio e strutturale l’anticipo della quiescenza per le donne con figli nella misura di quattro mesi ciascuno. Secondo quanto riportato dall’Ansa, al netto di Opzione donna, per la riforma complessiva delle pensioni il governo valuta l’ipotesi di estendere i quattro mesi di anticipo per ogni figlio (già previsti dalla riforma Dini solo per chi è nel contributivo pieno) a tutte le forme pensionistiche per le donne. A conti fatti, quattro mesi di anticipo equivarrebbero a 700 milioni di spesa in più, motivo per cui sono in corso le valutazioni sull’effettiva fattibilità tra tecnici del Lavoro e Mef.

Pensioni donna, oggi l’incontro coi sindacati al Ministero del Lavoro. Tutte le novità

Stando a quanto riportato dall’Ansa in merito alle dichiarazioni rilasciate dai sindacati al termine dell’incontro, sarebbe anche allo studio, come ha riferito il segretario confederale Cisl, Ignazio Ganga, anche la possibilità di eliminare o ridurre in modo sostanziale il vincolo minimo di 1,5 volte l’assegno sociale per accedere alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo, “che attualmente limita in maniera sostanziale gli accessi al pensionamento, condizionando in particolare le donne e coloro i quali hanno avuto carriere frammentate”. Una proposta che Cgil Cisl e Uil hanno presentato al governo. È stata inoltre confermata l’intenzione di riproporre la Commissione preposta ad analizzare la separazione della spesa previdenziale rispetto a quella assistenziale. Per il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, l’appuntamento con il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, “è stato a voler essere diplomatici interlocutorio”. Il sindacato rimarca in particolare la mancanza di risposte su Opzione donna per la quale la Legge di Bilancio ha fissato ulteriori paletti: non solo, infatti, bisogna avere uno o due figli per uscire con uno sconto rispettivamente a 59 o 58 anni, anziché a 60 anni, la nuova età (con 35 anni di contributi entro la fine del 2022). Ma contemporaneamente essere disabile al 74% oppure caregiver, con un famigliare da accudire in casa da almeno sei mesi. Oppure ancora licenziata o dipendente di un’azienda in crisi con tavolo aperto al ministero delle Imprese (solo in quest’ultimo caso si può uscire a 58 anni senza vincolo di figli). “Abbiamo chiesto conto dell’impegno con cui si era concluso il tavolo precedente di ripristinare i requisiti di Opzione donna e non c’è stata risposta. Questo significa non solo che non diamo risposta alle 20-25 mila donne che utilizzano lo strumento, che peraltro è una platea limitata per una misura comunque penalizzante, ma che c’è un punto politico: se apriamo un tavolo e non riusciamo nemmeno a prendere un impegno su un intervento correttivo e limitato, ci chiediamo come si può affrontare una riforma più ampia a ambiziosa”, ha detto Ferrari sottolineando, però, come Durigon non fosse nelle condizioni di dare un riscontro sul tema limitandosi a paventare ipotesi future di intervento sul tema. “Ma se iniziamo una discussione complessiva a partire da donne e giovani e non c’è nemmeno il ritorno alla casella di partenza, è difficile pensare ad un’evoluzione sostanziale per misure di ben più ampio respiro”, ha concluso il sindacalista. Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri ha invece affermato: “Il governo ha messo sul tavolo una prima intenzione di modificare la norma su Opzione donna. Ma non ha spiegato se sarà una ulteriore modifica o il ripristino” della forma precedente all’ultima legge di Bilancio che ha ristretto i criteri, come si è detto. Bombardieri ha detto che “il governo si è impegnato a modificare l’attuale norma e a darci risposta nelle prossime ore, nei prossimi giorni perché si stanno confrontando tra ministero del Lavoro e Mef. Quindi aspettiamo di avere qualche notizia. Saremo soddisfatti quando avremo risposte alle nostre richieste. Bisogna passare dalle dichiarazioni ai fatti», ha concluso il sindacalista, aggiungendo che al momento non ci sono già altri appuntamenti fissati.