Mangiare cibo senza glutine fa male? Sì, in mancanza di celiachia o allergie al grano. A rivelarlo è un articolo pubblicato dal New York Times che tiene conto di diversi studi effettuati tra Stati Uniti e Canada sul tema: ne emerge che le diete gluten free possono essere dannose quando seguite in mancanza di patologie reali. Scopriamo perché.
Mangiare cibo senza glutine fa male? Sì, in mancanza di patologie reali
Per le persone affette da celiachia o da allergie al grano, evitare il glutine a tavola è essenziale per ripararsi da reazioni come diarrea, vomito, gonfiori o difficoltà respitatorie. Sono sempre di più, però, coloro che acquistano prodotti alimentari gluten free anche senza averne bisogno: stando ai dati riportati dal New York Times, il 46% di un campione di mille persone intervistate nel corso di un sondaggio effettuato tra Stati Uniti e Canada nel 2017 ha affermato di aver comprato e utilizzato prodotti senza glutine per motivi diversi da una “necessità medica stringente”, seppur a prezzo più alto rispetto ai normali prodotti contenenti grano, talvolta perfino il doppio nel caso del pane.
Il glutine è una proteina presente nei chicci di grano, orzo e segale e, all’interno del pane tradizionale, a base di frumento, forma una rete proteica che rende l’impasto coeso ed elastico, conferendogli la sua tipica consistenza gommosa. Tuttavia, per alcuni soggetti può essere nocivo, soprattutto in presenza di allergie o intolleranze: un problema che, secondo il quotidiano statunitense, affliggerebbe l’1% della popolazione mondiale. Allora perché il numero di persone che acquista prodotti gluten free è sensibilmente maggiore? È opinione largamente diffusa che evitare cibi senza glutine aiuti a “disintossicarsi”, anche in assenza di patologie.
Questo perché si pensa che i cibi non contenenti glutine siano più sani o naturali rispetto a quelli tradizionali. Ma non è proprio così. Secondo Anne L. Ree, dietista e docente di Medicina nutrizionale presso il Celiac Disease Center del Columbia University Medical Center, “in genere, i prodotti senza glutine sono più ricchi di grassi, zuccheri e sale” – componenti che vengono aggiunti in fase di produzione per renderli più gustosi – e “meno ricchi di fibre, vitamine del gruppo B e di ferro“, e quindi maggiormente dannosi. Inoltre, poiché il pane senza glutine tende a contenere più acqua, grassi e amido raffinato rispetto al pane a base di frumento, “si rovina e diventa raffermo più rapidamente”.
Per questi motivi, sottolinea il New York Times, “evitare il glutine non è sempre la scelta migliore”, perché “c’è anche la qualità della vita da considerare”. Il cibo, in effetti, “non è solo carburante per il nostro corpo, ma dà anche piacere”. Quindi? “Se si pensa di avere un’intolleranza al glutine, prima di eliminarlo dalla dieta, meglio andare da un gastroenterologo e farsi fare una visita appropriata al caso”, consiglia la dottoressa Lee. Per chi voglia stare più attento alla propria salute, senza essere affetto da patologie specifiche, come celiachia o allergie al grano, il suggerimento è invece quello di preferire, rispetto ai cibi confezionati senza glutine, quelli integrali, come frutta, verdura, fagioli e cereali senza glutine e semi come amaranto, grano saraceno, quinoa, teff e miglio, controllando i valori nutrizionali sulle etichette per appurare che vi sia il corretto apporto di fibre e proteine e il minimo livello di zuccheri aggiunti possibile. Basti pensare che, proprio a causa del ridotto apporto di fibre, secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal dai nutrizionisti del Brigham and Women’s Hospital di Boston nel 2017, il consumo di prodotti senza glutine può essere associato ad un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Bisogna quindi evitarne l’utilizzo, quando non strettamente necessario.