Salvador Dalì causa morte. Salvador Dalí, Marchese di Pùbol, all’anagrafe Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, nacque a Figueres, in Spagna, l’11 maggio 1904. E’ stato un pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer e sceneggiatore.

Salvador Dalì causa morte, malattia

Nel 1980, Dalí fu costretto a ritirarsi dal mondo della pittura a causa di un disordine motorio che causò tremori permanenti e debolezza nelle sue mani. Non era più in grado di reggere un pennello, aveva perso la capacità di esprimersi nel modo in cui conosceva meglio. Un’altra tragedia ebbe luogo nel 1982, quando morì l’amata moglie, Gala. I due eventi lo fecero cadere in una profonda depressione. Si trasferì a Púbol, in un castello che aveva acquistato e ristrutturato per Gala, forse per nascondersi dal pubblico o, come alcuni ipotizzano, morire. Nel 1984, Dalí fu gravemente ustionato in un incendio. A causa delle sue ferite, fu costretto alla sedia a rotelle. Nel novembre 1988, Dalí fu portato all’ospedale di Figueres in seguito a una crisi cardiaca. Dopo una breve convalescenza, tornò alla sua casa, il Teatro-Museo. Il 23 gennaio 1989, Dalí morì di insufficienza cardiaca all’età di 84 anni nella sua città di nascita. Il suo funerale si tenne al Teatro-Museo, dove fu sepolto in una cripta.

Moglie

Dalì sposò Gala, il cui vero nome era Elena Ivanovna Diakonova, nata a Kazan, in Russia, nel 1894. Donna riservata e intuitiva, trascorse la sua infanzia a Mosca e successivamente frequentò corsi universitari presso una scuola di perfezionamento a San Pietroburgo.

Gala incontrò per la prima volta Dalí nel 1929, durante un viaggio a Cadaqués con la sua famiglia, l’artista Magritte e sua moglie. Il poeta e gallerista belga Camille Goemans presentò Dalí a Eluard a Parigi. Nonostante una differenza d’età di dieci anni, la storia d’amore tra Dalí e Gala prese piede rapidamente.

Lei lo seguì a Parigi e cominciò a influenzare ed a far parte del movimento surrealista. La sua relazione con Dalí era così potente e totalizzante che Gala di fatto abbandonò sua figlia all’età di undici anni. Cécile andò a vivere a Parigi con la nonna paterna.

Gala sposò Dalí nel 1934 con cerimonia civile; inizialmente l’unione fu avversata dal padre di Dalí, il quale non approvava che una divorziata russa fosse la spasimante di suo figlio.

Gala fu la musa di Dalí, il quale ebbe un’ossessione per lei e la rappresentò in molte delle sue opere. Nella sua autobiografia, “La mia vita segreta”, Dalí scrisse infatti: “Era destinata ad essere la mia Gradiva, colei che avanza, la mia Vittoria, la mia donna”.

Nel corso del 1937, Gala assunse maggior potere, ricoprendo la posizione di manager di Dalí e di agente e procuratrice di contratti artistici. Si occupava dei conti e trattava con le gallerie e con i mercanti. Lo incoraggiò a dipingere ed ebbe un’enorme influenza sulla sua produzione artistica. 

Nel 1958, Gala e Dalí si sposarono con rito cattolico presso la Capela de la Mare de Deu dels Angels a Girona, in Spagna.

La coppia non ebbe figli

Amanda Lear

Nel 1965 in un locale notturno francese Dalí incontrò Amanda Tap, in seguito Amanda Lear, un’indossatrice francese di origine britannica. La Lear diventò una sua pupilla e la sua musa. Colpito dai modi mascolini e sopra le righe della Lear, Dalí ne guidò e supervisionò il passaggio dal mondo della moda a quello della musica, consigliandola sul modo di presentarsi e aiutandola a diffondere strane dicerie sulla sua origine. Secondo la Lear lei e Dalí era come se fossero uniti da una sorta di “Matrimonio spirituale”, e fu lui ad avere l’idea di giocare a fini pubblicitari con le voci che la volevano essere una donna transgender. Alcuni, parlandone come del “Frankenstein” di Dalí, ritengono che anche il nome della Lear fosse un gioco di parole basato sul francese L’Amant Dalí, L’amante di Dalí. La Lear aveva preso il posto di una precedente musa-allieva, Isabelle Collin Dufresne (in arte Ultra Violet), che aveva lasciato Dalí per unirsi alla Factory di Andy Warhol. Questa relazione durò circa 15 anni.

Biografia

Artista poliedrico e tra i più eccentrici del Novecento, con il suo stile onirico è stato il maggior esponente della corrente surrealista. L’inesauribile estro che gli era peculiare lo ha portato ad eccellere in diversi campi, dalla pittura alla fotografia, dalla scultura al cinema.

Nato a Figueres, nella parte più a est della Catalogna, Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, marchese di Púbol, fu segnato dalla prematura perdita della madre, perdita da lui definita «la disgrazia più grande che mi capitò perché sapeva rendere invisibili le inevitabili imperfezioni della mia anima». Dopo una prima esposizione in forma privata nella casa paterna, in cui erano chiari i richiami alle istanze artistiche moderne, espose per la prima volta in pubblico nel 1919, al Teatro Municipale di Figueres.

Messosi in luce all’Accademia delle belle arti di San Fernando per gli slanci verso il cubismo e il dadaismo, si trasferì poi a Parigi e qui conobbe Pablo Picasso, la cui arte lo influenzerà negli anni successivi. Mentre stava ancora maturando il proprio inconfondibile stile, espose a Barcellona dividendo la critica tra entusiasti e perplessi; nello stesso periodo, imitando il grande maestro del Seicento spagnolo Diego Velázquez, decise di farsi crescere dei vistosi baffi che conservò fino alla morte.

Fu espulso dal gruppo dei surrealisti per non aver voluto condannare apertamente il fascismo, né aver voluto manifestare le proprie simpatie politiche. Al fine di denigrarlo, di lui i surrealisti parlarono solo al passato remoto considerandolo come morto e, per sottolineare la crescente commercializzazione delle sue opere, gli fu coniato il soprannome “Avida Dollars” dall’anagramma del suo nome.

Autore di 1.500 dipinti, illustrazioni per libri, litografie, scenografie e costumi teatrali, disegni, sculture, la più vasta collezione di sue opere si trova proprio al Teatro-Museo Dalí di Figueres e al Salvador Dalí Museum di St. Petersburg in Florida.