Amanda Lear e Salvador Dalì, una storia romantica quanto folle, che ha ispirato un libro: “La mia vita con Dalì”, scritto proprio dall’attrice e cantante franco-britannica.

Amanda Lear e Salvador Dalì

“Da questo momento non ci lasceremo mai, lo sa?” Con queste parole Salvador Dali saluta Amanda Lear dopo il loro primo pranzo insieme a Parigi. Si erano conosciuti soltanto la sera prima, un giorno d’ottobre del 1965, in un ristorante di rue Princesse.

Lei giovane studentessa di Belle Arti che aveva da poco cominciato a posare come modella per pagarsi l’affitto e le lezioni di disegno; lui genio indiscusso del surrealismo all’apice del successo internazionale. Le prime impressioni che l’artista sortisce su Amanda Lear non sono affatto lusinghiere: lo considera presuntuoso nei suoi modi cerimoniosi e ridicolo con quei suoi baffi impomatati, ma il fascino che emana la sua figura, la sua estrema vitalità, il suo modo di osservare la realtà finiscono per conquistarla.

“Lei ha proprio un bel cranio” sarà il primo, bizzarro complimento che le rivolgerà: nessuno le aveva mai detto che aveva un bel cranio. Comincia così una relazione che durerà più di quindici anni: Amanda Lear diventerà per Salvador Dali una musa, un angelo, un papavero orientale da proteggere, amare e trasfigurare nei suoi dipinti.

“La mia vita con Dali” racconta questa storia: l’incontro tra due destini che hanno saputo sconcertare il mondo, che lo hanno reso più visionario, che hanno cambiato il modo di pensare la parola “amore”.

Quando e per quanto tempo sono stati insieme?

Amanda Lear e Salvador Dalí si incontrarono nel 1965 nel locale parigino Le Castel. All’epoca la modella era accompagnata dal fidanzato Tara Browne. Dalì, colpito dall’unicità di Amanda invitò la coppia a pranzo il giorno successivo. Nacque così un’incredibile sintonia che si trasformerà poi in amore. La Lear colpì Dalí grazie al suo fisico androgino e poco femminile, inusuale rispetto al modello di bellezza in voga all’epoca.

Il surrealista la volle assolutamente come modella, e così Amanda divenne la sua musa. Fra loro si creò una stupefacente affinità spirituale. Nelle numerose interviste rilasciate dopo la fine della loro storia Amanda rivelò quanto fosse stretto il loro rapporto. Un ménage assolutamente non convenzionale ma una sorta di “matrimonio spirituale”, come Amanda stessa lo definì. La relazione durò circa 15 anni.

Ventotto anni dopo la morte dell’artista, ai fini di stabilire una presunta paternità, sempre secondo la sua musa, il catalano non avrebbe mai potuto concepire un figlio. “Non aveva vita sessuale. Le sue passioni erano solo cerebrali. Mi diceva che in vita sua mai aveva penetrato una donna“.