Non c’è pace per Matteo Renzi, anche stavolta in tribunale per una causa intentata contro lo chef Gianfranco Vissani che lo aveva paragonato Adolf Hitler criticandolo come “distruttore del Pd. Il giudice del Tribunale civile di Firenze, Susanna Zanda, ha stabilito che Vissani non ha diffamato l’ex premier e quindi non è tenuto al risarcimento dei danni. Il leader di Italia Viva, assistito dagli avvocati Lorenzo Pellegrini, Massimo Cesaroni e Niccolò Seghi, è intervenuto personalmente durante l’udienza per difendere le sue ragioni, mentre era assente Vissani, difeso dalle avvocate Cinzia Ammirati e Roberta Arditi. Renzi aveva chiesto un risarcimento di 435.000 euro.

Causa Renzi-Vissani: nessuna diffamazione. La decisione del giudice del Tribunale di Firenze

I fatti risalgono al 29 marzo 2018 quando lo chef intervenendo nella trasmissione televisiva “Quinta Colonna” su Rete 4, condotta dal giornalista Paolo Del Debbio, espresse la propria opinione in merito ai risultati delle elezioni politiche del 4 marzo precedente, che avevano registrato un vistoso calo dei consensi del Pd, di cui Renzi era segretario, passando dal 40 percento circa delle elezioni europee al 19 percento circa di quelle in questione. Alla domanda “Perchè, secondo lei, Renzi è finito?”, la risposta di Vissani fu: “Non è che è finito… solamente ha fatto peggio di Hitler. Peggio di Hitler non l’ha fatto nessuno, lui l’ha fatto!”. Subito dopo i commenti dello studio sull’accostamento con Hitler, lo chef aggiunse: “Come no? Ha distrutto un partito, l’ha portato a meno del 19 percento”. Per il giudice Zanda non c’è stata diffamazione, come reclamava Renzi, perchè si è trattato di una critica politica espressa da Gianfranco Vissani “con toni forti e pungenti”. Nella sentenza si legge: “L’accostamento della distruzione del partito democratico che dal 40 percento passa a meno del 19 percento alla figura di Hitler, a sua volta distruttore di un popolo di sei milioni di ebrei, per quanto forte e trasmodante appare comunque agganciata a quel determinato fatto storico eccezionale delle elezioni 2018, che esprime un’emorragia di consenso come non si era visto da molti anni; l’opinione dello chef/opinionista, chiamato spesso nei salotti televisivi, che aveva richiamato il massimo distruttore ossia Hitler, non era idonea per il suo intero contenuto, a danneggiare la reputazione di Renzi, perché era stato spiegato contestualmente dal Vissani il senso dell’accostamento ad Hitler in termini di eclatante strage di voti e non di esseri umani”. Inoltre, continua sempre il giudice,”l’accostamento ad Hitler era chiaramente riferito alla grave perdita dei consensi del partito democratico guidato da Renzi e dunque ad un suo ritenuto ruolo di ‘distruttore’ latamente inteso e accostato alla figura di Hitler. Siamo quindi in presenza di una critica politica, espressa con toni forti e pungenti, e certamente alla luce delle complete dichiarazioni del Vissani in quel contesto, nessun ascoltatore di media diligenza sarebbe stato indotto a cogliere in quell’accostamento la parificazione di Matteo Renzi all’Hitler sterminatore del popolo ebreo; la forma espressiva è stata esagerata e sarebbe anche incontinente se si fosse limitata ad essere una mera critica politica; il fatto è però che non era una mera critica politica perché il Vissani non era né un avversario politico di Renzi, tenuto alla continenza espressiva, né un cittadino qualunque. Il Vissani era stato intervistato come ‘opinionista’ e dove dunque viene in gioco l’interesse pubblico a sentire anche la specifica opinione dell’intervistato nella sua interpretazione di quel fatto, riguardante il partito diretto da Matteo Renzi”.

L’altra causa (persa) contro Travaglio

È di pochi giorni fa la notizia di un’altra battaglia persa in Tribunale dal senatore di Italia Viva. Sul banco degli accusati c’era il giornalista del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, reo di essere comparso in tv con alle spalle un rotolo di carta igienica con sopra faccia dell’ex Presidente del Consiglio. In quel caso Renzi aveva chiesto ben 500mila euro per i danni “morali, esistenziali, patrimoniali e non patrimoniali” causati da quel gadget e da una cartolina in cui il volto dell’ex premier era accompagnato da un segnale di pericolo e da feci. Tuttavia, secondo il tribunale di Firenze, quel rotolo di carta igienica non ha prodotto alcun danno morale o di immagine a Renzi perché, riporta la sentenza, “un personaggio politico in uno Stato democratico deve tollerare immagini satiriche della sua persona e del suo volto, anche impresse su gadget come quello di causa, perché solamente in un regime totalitario è vietato criticare o ridicolizzare un personaggio politico”. Il giudice ha inoltre imposto a Renzi l’obbligo di risarcire il direttore del giornale con una somma pari a 42mila euro, oltre ad altri 30.641 tra spese legali, oneri accessori e Iva.