Pensioni, ecco quali sono le novità attese dal tavolo di riforma per opzione donna a 58 anni e quota 103. Dopo lo slittamento della scorsa settimana deciso dal governo guidato da Giorgia Meloni, lunedì 13 febbraio riprenderanno gli incontri al ministero del Lavoro alla presenza dei sindacati per discutere di nuove misure previdenziali che possano far allentare i vincoli della riforma Fornero. Tra due giorni è previsto che, oltre alle sigle sindacali, il governo incontri anche le associazioni datoriali. L’obiettivo dei prossimi tavoli è quello di dare maggiore copertura dei contributi alle donne e ai giovani. Ma novità sono attese anche per il dopo quota 103, la misura sperimentale valida fino alla fine del 2023 che consente l’uscita da lavoro all’età di 62 anni unitamente a 41 anni di contributi. Su questo versante, l’idea è quella di pensioni anticipate mediante un “percorso a tappe” che garantisca la flessibilità in uscita per i lavoratori con specifici requisiti. Infine, cambiamenti potrebbero essere previsti sui bonus contributivi alle lavoratrici madri e al sistema di riscatto della laurea.

Pensioni riforma opzione donna novità attese dal tavolo di riforma per opzione donna a 58 anni: quali requisiti nel 2024?

Tra le misure di pensione che saranno vagliate nei tavoli previsti al ministero del Lavoro vi è quello di ritornare ad allentare i vincoli che la legge di Bilancio 2023 ha imposto sulla misura previdenziale opzione donna. Ne aveva parlato la stessa ministra, Marina Elvira Calderone, e anche il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Entrambi ne stanno discutendo con i tecnici del ministero dell’Economia alla ricerca di una soluzione che non sia troppo onerosa per le lavoratrici. Tra le vie d’uscita, vi è quella di ritornare ai requisiti precedenti la Manovra 2023, con il ripristino dell’età di uscita a 58 anni che vigeva fino al 31 dicembre 2022, unitamente a 35 anni di contributi e alla scelta consapevole del ricalcolo dei versamenti stessi mediante il meccanismo contributivo. Tuttavia, l’abbassamento dell’età di uscita sarebbe vincolato ad alcune categorie di lavoratrici che risultino particolarmente svantaggiate dal sistema previdenziale emerso nell’ultima legge di Bilancio. Si tratterebbe, pertanto, di una correzione degli ultimi requisiti di uscita con uno sconto concesso alle donne che, per il 2023, devono maturare il requisito anagrafico dei 60 anni secondo quanto dispone la Manovra 2023. A poco è valsa, ai fini della riduzione della platea delle beneficiarie della misura, il bonus fino a due anni in presenza di uno o di due figli.

Dopo quota 103: uscita flessibile e riscatto laurea agevolato

In tal senso, la nuova opzione donna altro non sarebbe che una proroga della misura in vigore fino al 2022, con la differenziazione delle lavoratrici autonome (uscita a 59 anni di età) rispetto alle dipendenti (uscita a 58 anni). Al di là dell’età di uscita, tuttavia, c’è da capire cosa farà il governo in merito a tutta una serie di limitazioni introdotte dalla legge di Bilancio 2023: in particolare, l’abbassamento dell’età sarà accompagnato o meno dai nuovi paletti di opzione donna che impongono alle beneficiarie gli stessi vincoli dell’Ape sociale, ovvero l’assistenza di un coniuge o di un parente da almeno sei mesi con handicap grave, l’invalidità civile di almeno il 74% o la situazione di licenziamento o di contratto alle dipendenze presso imprese con tavolo attivo per la gestione della crisi aziendale. Tutte le limitazioni hanno prodotto previsioni nettamente al ribasso delle lavoratrici in uscita nel 2023 con opzione donna: appena 2.900 rispetto alle 23.812 prepensionate nel 2022 con i vecchi requisiti. Oltre all’opzione donna, quello delle lavoratrici rimane uno dei banchi di prova del governo Meloni sulle misure di pensione anticipata. Infatti, i tavoli tenderanno anche a prevedere delle misure di bonus contributivo per le lavoratrici madri, ma non si dovrebbe andare oltre i due anni di sconto. Ulteriori misure sono in discussione a favore dei giovani che potrebbero scegliere il riscatto della laurea con meccanismi più agevolavi, anche rispetto a quello previsto dal decreto 4 del 2019 che quantifica un costo di oltre 5.000 euro per ogni anno universitario da riscattare. Infine, il tavolo dovrà fare ragionamenti anche sul dopo quota 103, la misura-tampone in vigore fino al 31 dicembre 2023 in sostituzione della vecchia quota 102. Per il 2024 il governo dovrebbe adottare misure di uscita flessibile ma, almeno inizialmente, con interventi mirati. E cioè a specifiche categorie di lavoratori. Una scelta obbligata data la crescita della spesa previdenziale gravante sui conti dell’Inps.