La vicenda di Alfredo Cospito che da qualche settimana riempie le cronache, tanto a livello nazionale che internazionale, ha una dimensione giudiziaria e legislativa perché lo sciopero della fame di Cospito è teso a rimuovere la detenzione in regime di 41bis, un regime di carcere duro, come pure a contestare l’ergastolo ostativo per un tentativo di attentato notturno con la polvere da sparo, conclusosi senza nessun tipo di conseguenze. L’altra dimensione della vicenda è schiettamente politica, poiché Cospito rivendica di aver agito nel ferimento di Adinolfi e nel tentativo di attentato, in quanto anarchico, militante della FAI –FR (Federazione Anarchica Informale- Fronte Rivoluzionario). In funzione di un programma rivoluzionario e di un’ideologia che discendono dall’anarchismo. D’altra parte Cospito a livello nazionale ed internazionale ha ricevuto la solidarietà e spinto alla mobilitazione la composita galassia del movimento anarchico, che ha rilanciato le richiesta della fine del carcere duro, del regime di 41 bis e l’abolizione dell’ergastolo ostativo.

L’ideologia di Alfredo Cospito

Cerchiamo di capire, con il prof. Enrico Ferri, docente di Filosofia del Diritto all’Unicusano, qual è l’anarchismo che Cospito rivendica e, più in generale, quali sono le caratteristiche principali dell’anarchismo e se per questa ideologia sia legittimo l’uso della violenza.

Il libro del Prof. Enrico Ferri su Max Stirner

Professor Ferri, vorremmo capire meglio, anche grazie a lei, quali sono le coordinate essenziali della dottrina anarchica a cui Cospito si richiama. Lo chiediamo a Lei, nella duplice veste di studioso dell’anarchismo ed in particolare di Max Stirner, il teorico dell’individualismo anarchico, ma pure di intellettuale libertario, che da giovane ha militato in questo movimento ideologico e culturale?

Negli anni dell’Università ho militato nella FAI per diversi anni, nel gruppo “Roma Centro”, che aveva come principale obiettivo la ricostituzione di un sindacalismo di base di tipo libertario, secondo il modello dell’USI (Unione sindacale italiana) particolarmente attiva nei primi decenni del ‘900. Sono un libertario non pentito e collaboro stabilmente con il mensile Sicilia Libertaria. Ho studiato e studio l’anarchismo e ho pubblicato vari testi su Max Stirner, l’ultimo, che è una raccolta di saggi, per le Edizioni La Fiaccola di Ragusa.

Cospito nel processo per il ferimento di Adinolfi tentò di leggere un documento che era anche una giustificazione teorica del suo attentato. In queste poche pagine si ha una sintesi del suo pensiero, se così si può dire, non facile da decifrare. Ad esempio esordisce dicendo: “L’ordine che voglio abbattere è quello della civilizzazione” e in diversi altri passaggi ribadisce la feroce ostilità alla civilizzazione, alla scienza e alla tecnica. Allo stesso tempo, dichiara di essere un “cospiratore” isolato e rivendica un individualismo antisociale. Sono posizioni diffuse nel pensiero anarchico?

Queste affermazioni si riferiscono in modo evidente al pensiero di Max Stirner. Quest’ultimo equipara “l’abitudine” (Gewohnheit) e la “civiltà”, definendole una “Zweite Natur”, una seconda natura, in quanto stabiliscono una serie di regole che imbrigliano la vita e il singolo in una gabbia di norme di vario tipo, dalla morale al diritto, impedendo ogni forma di originalità e trasgressività. È una teoria di chiara matrice hegeliana, ma che troviamo anche in Freud quando parla del disagio che la civiltà crea, in quanto reprime pulsioni naturali ed egoistiche dell’uomo che definisce “coazione a ripetere”, una forma di difesa dall’imprevisto e dall’ingovernabile. La “coazione a ripetere” la potremmo definire anche come abitudine.

Lei ha scritto diverse monografie su Stirner ed ha curato l’edizione italiana della biografia di Stirner elaborata, appunto, da un anarchico individualista, John Henry Mckay. Ci può dire in poche battute chi era Stirner e darci un sintetico quadro della sua filosofia?

Max Stirner , al secolo Johann Caspar Schmidt (1806-1856) era un allievo di Hegel, parte di quel gruppo, con Marx, Engels, Bauer, Feurbach, Ruge, ecc., che fu chiamato “la sinistra hegeliana”. A partire dall’inizio degli anni ‘40 dell’Ottocento, come i suoi “fratelli-nemici” della Sinistra hegeliana, prende le distanze da Hegel ed elabora una sua specifica teoria, fondata su un individualismo radicale ed antisociale, in un ponderoso volume del 1845: Der Einzige und sein Eighentum (L’unico e la sua proprietà). A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, soprattutto grazie al suo biografo, il Mckay, Stirner fu considerato l’antesignano e il teorico di quella composita corrente dell’anarchismo definita “individualismo anarchico”.

Ma l’anarchismo e la sua dottrina hanno in Stirner il loro fondatore?

Assolutamente no. L’anarchismo come movimento politico, sociale e sindacale nasce con l’ Internazionale dei Lavoratori, la Prima Internazionale (1864) che raccoglie molte correnti del movimento operaio e proletario europeo e che ha fra i suoi esponenti di spicco il comunista Karl Marx e l’anarchico russo Michele Bakunin. Gli anarchici sono nati e sono rimasti nel tempo l’ala rivoluzionaria, libertaria ed anti-autoritaria del movimento socialista, soprattutto in Europa e nelle Americhe.

Gli anarchici sono contro la civiltà , la scienza e la tecnica?

No, si ha una visione sostanzialmente positiva della scienza e della tecnica , come strumenti che possono aiutare gli uomini a vivere meglio e a lavorare meno. Si rifiuta un dominio o un governo degli scienziati e dei “tecnici” che in nome di presunte verità scientifiche ed oggettive vogliano imporre il loro dominio agli altri uomini. Piotr Kropotkin, che fu la principale figura di riferimento del movimento anarchico europeo, dopo la morte di Bakunin, era uno scienziato e a partire dall’osservazione del mondo naturale, elaborò una teoria che vede “Il mutuo appoggio come fattore dell’evoluzione” (in un suo libro del 1902 che ha lo stesso titolo), tanto del mondo naturale che umano. L’anarchismo, non solo di Kropotkin, è fondato su principii di libertà, uguaglianza e solidarietà, cioè sul mutuo sostegno fra liberi ed uguali.

A quale anarchismo si richiama Alfredo Cospito?

Bisognerebbe chiederlo a lui. Da un testo come quello ricordato più sopra, la rivendicazione del ferimento di Adinolfi, sembrano evidenti almeno tre diverse componenti: le ascendenze stirneriane, quelle dell’individualismo anarchico ed altre che esaltano il ricorso alla violenza e alle armi, come strumenti di lotta politica e di emancipazione sociale.

Quali sono i principali connotati stirneriani che emergono dalla rivendicazione di Alfredo Cospito?

Sicuramente quando dice “la mia rivolta senza rivoluzione”, in quanto quest’ultima creerebbe “nuova autorità, nuova tecnologia, nuova civiltà”, riprende una discriminante presente ne “L’unico e la sua proprietà” di Stirner, che critica soprattutto il progetto rivoluzionario comunista, perché a suo avviso non porterebbe ad una vera liberazione degli individui, ma riproporrebbe –come ogni progetto rivoluzionario- un nuovo ordine gerarchico ed oppressivo. Stirner distingue rivolta (Empörung) da rivoluzione in questi termini: “La rivoluzione ordina di creare nuove istituzioni, la ribellione spinge a sollevarsi, a insorgere”. La rivolta è una specie di rivoluzione permanente dell’individuo contro ogni forma di autorità e governo. Altro elemento tipicamente stirneriano è l’atteggiamento “antisociale”, ricorrente nella critica di Stirner al socialismo, come pure l’idea del cambiamento attraverso la moltiplicazione/universalizzazione di rivolte individuali.

Cospito si definisce “ anarchico antiorganizzatore”, che significa?

Il movimento anarchico è storicamente una realtà assai complessa ed eterogenea, in cui hanno convissuto, almeno formalmente, molte anime. Una delle differenziazioni ricorrenti è stata quella fra individualisti e socialisti anarchici, fra coloro che auspicavano forme organizzative, seppure di tipo federativo, e quanti erano assolutamente contrari. In Italia, nel dopoguerra queste due realtà erano rappresentate soprattutto dalla FAI (Federazione Anarchica Italiana) e dai GIA ( Gruppi di Iniziativa Anarchica).

Cospito, allo stesso tempo esalta il ricorso alla violenza ed alle armi, dice di “aver goduto a pieno[sic] della vita” solo la mattina in cui sparò alle gambe a Roberto Adinolfi.

Chi ha bisogno di sparare alle gambe di un uomo inerte per “godere della vita”, mi sembra abbia più di un problema di stabilità psichica e lucidità mentale. Ciò nonostante esiste una componente, seppure minoritaria di anarchici e sedicenti tali, che rivendica l’uso della violenza. Si tratta di una componente presente da decenni nel movimento anarchico italiano, ad esempio negli “anni di piombo” esisteva Azione Rivoluzionaria, che si attribuiva una matrice anarchica, o riviste come “Anarchismo” e “Cane Nero”, vicine a quest’area politica.

Cospito può ritenersi il teorico degli anarco-insurrezionalistici della Federazione Anarchica Informale?

Non lo so, bisognerebbe chiedere agli interessati. A me sembra che Cospito metta insieme in modo confuso, istanze teoriche, storiche e operative di vario tipo, senza essere in grado di fare una sintesi coerente e convincente e che non sempre comprenda appieno neanche le categorie a cui si riferisce. Ad esempio, quando scrive “Sono nichilista perché vivo la mia anarchia oggi e non nell’attesa di una rivoluzione”, sembra ignorare tanto le caratteristiche storiche ed ideologiche del nichilismo russo, che influenzò fortemente tanto Bakunin che Kropotkin, che ne parla in alcune belle pagine della sua Biografia (Memorie di un Rivoluzionario, 1899), come pure il presunto nichilismo stirneriano. Max Stirner quando esordisce dicendo “Io ho riposto la mia Causa su Nulla”, con “nulla” (Nichts) vuol dire “null’altro che me stesso”, rimarcando la centralità dell’individuo su tutto il resto.

Recentemente il Ministro Nordio ha ribadito la conservazione del regime del 41 bis, del carcere duro per Cospito, giustificandolo con la sua possibilità/capacità di influenzare negativamente i suoi compagni al di fuori del carcere. Qual è il suo pensiero, al riguardo?

Il carcere, in quanto privazione della libertà, ripetuta nel tempo, è già di per sé una misura “dura”, perché colpisce l’uomo in ciò che ha di più caro ed importante. Io sono contrario a questa misura di detenzione per chiunque. Se si vuole evitare che un detenuto comunichi con l’esterno non serve impedirgli di muoversi, di ridurre ai minimi termini i contatti con i suoi stessi familiari, di leggere ed avere informazioni, di annullare la sua privacy, ecc. Nel caso di Cospito, non mi sembra che negli ultimi anni ci siano stati attentati, azioni violente od armate che si possano ricollegare a lui. In buona sostanza, mi sembra che la pena comminatagli e le condizioni in cui è costretto a viverla, siano del tutto sproporzionate ai reati che gli vengono attribuiti.

A cura della redazione di TAG24