Sarebbe ancora enorme, a tema scuola, il divario tra il Nord e il Sud del nostro Paese. A metterlo in luce sono i risultati dell’ultimo rapporto elaborato da Svimez, un’associazione privata senza fini di lucro che include nel suo statuto lo scopo di promuovere lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno d’Italia: non è un caso che il titolo scelto per la presentazione sia “Un Paese, due scuole”. Scopriamo perché.

Scuola divario Nord Sud enorme: i dati che emergono dall’ultimo rapporto Svimez

“Un Paese, due scuole”, è questo il titolo, significativo, scelto dall’associazione Svimez per la presentazione dei risultati dell’ultimo rapporto sulla situazione scuola in Italia, che fotografa l’enorme divario tra il Nord e il Sud del Paese, con un Mezzogiorno che sembra restare sempre più indietro. Basti pensare che, a parità di età, a un bambino del Centro Nord saranno assicurate, in media, 1.226 ore di formazione dal sistema scolastico pubblico; un numero che si abbassa di 200 ore per i coetanei del Sud, che equivalgono, in totale, a circa un anno in meno di scuola, a causa della carenza infrastrutturale e di tempo pieno. Secondo il rapporto, nel Mezzogiorno circa 650mila alunni delle scuole primarie statali (il 79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. Una percentuale che sale all’87% in Campania e all’88% in Sicilia, a fronte del 46% registrato al Centro Nord. Per effetto delle carenze infrastrutturali, poi, solo il 18% degli alunni del Sud accede al tempo pieno, rispetto al 48% del resto del Paese. Circa due terzi degli allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno, inoltre, non hanno la possibilità di utilizzare una palestra a scuola. Di questi 550mila, 170mila sono in Campania, pari al 73% del totale.

Solo uno degli aspetti presi in esame da Svimez, che, sulla base dei dati forniti da Conti pubblici territoriali, ha analizzato anche l’intervento pubblico nel campo dell’istruzione, dalla scuola primaria all’università. Ne emerge un progressivo disinvestimento nella filiera dell’istruzione, maggiormente accentuato al Sud dove, tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva si è ridotta del 19,5% (8% in piu’ rispetto a Centro e Nord) e gli investimenti sono calati di un terzo, a fronte del 23% registrato nel del resto del Paese. Proprio la mancanza di investimenti, sommata ad un generale trend demografico negativo, starebbe causando la riduzione del numero degli studenti, con i due fattori che rischiano di auto-alimentarsi e causare un circolo vizioso. “La debolezza dell’offerta scolastica e la limitata qualità dei servizi pubblici – spiega la Svimez – alimentano il processo di denatalità e i flussi di migrazione giovanile con il conseguente adeguamento al ribasso dell’offerta di istruzione” che, tra il 2015 e il 2020, ha portato il numero di studenti del Sud a ridursi di quasi 250mila unità, contro le 75mila unità in meno registrate nel Centro Nord.

Le opportunità offerte dal Pnrr

Per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema d’istruzione”, ha dichiarato il direttore di Svimez, Luca Bianchi. “Il Pnrr è l’occasione per colmare i divari infrastrutturali, ma l’allocazione delle risorse dev’essere più coerente con l’analisi dei fabbisogni d’investimento, superando i vincoli di capacità amministrativa”. Per Bianchi la priorità resta quella di “rafforzare il sistema d’istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord, garantendo asili nido, tempo pieno e palestre”. “Le risorse – dice – si dovrebbero distribuire in base ai fabbisogni e non con i bandi, che viceversa favoriscono le realtà con maggiore capacità amministrativa. La priorità oggi è rafforzare il sistema soprattutto nelle aree marginali, aumentando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono”.