Centinaia di afghani si sono precipitati verso l’aeroporto di Kabul per scappare dal Paese e dirigersi verso l’epicentro del terremoto che sta impressionando il mondo: la Turchia.
Tutto è iniziato quando è circolata una notizia su Facebook: il ministero degli Esteri talebano ha annunciato che avrebbe dato 165 milioni di dollari per i terremotati in Turchia e Siria. Nonostante l’Afghanistan sia uno dei Paesi più bisognosi del mondo, la mossa da parte del regime talebano è l’ennesima per ben mostrarsi agli occhi della comunità internazionale e cercare di farsi riconoscere come governo legittimo, ma che non tiene conto della disastrosa condizione economica interna. Il ministero ha comunicato che almeno cento afghani sono rimasti feriti e che “squadre di risposta alle emergenze sanitarie sono pronte a partecipare alle operazioni di salvataggio” in Turchia e Siria.
Afghanistan, la finta chiamata della Turchia
Il fatto che è accaduto è il seguente: è iniziata a circolare la voce su Facebook che la Turchia avrebbe arruolato dei volontari per portarli nelle zone terremotate e dare una mano con i soccorsi. Si diceva che gli aerei sarebbero arrivati direttamente da Ankara. E allora gli afghani ci hanno creduto ed hanno iniziato a sognare la Turchia intesa come via di fuga per scappare dal regime talebano. Come furie centinaia di persone si sono dirette verso l’aeroporto internazionale di Kabul. Ma niente era vero. I talebani hanno bloccato, a suon di proiettili provocando diversi feriti, tutta quella marea di gente che ha illuminato con i fari delle macchine, in taxi o a piedi una notte che non è stata come le altre per Kabul. Per un attimo, sembrava di essere tornati a quel 15 agosto quando il Paese precipitava in mano ai talebani e l’aeroporto veniva preso d’assalto.
Verso le dieci di sera Zabihullah Mujahid, il portavoce dell’Emirato, ha twittato che “le notizie sui voli speciali verso la Turchia non erano vere”. Nessuno sarebbe dovuto andare in aeroporto. Così è bastata una fake news sui social per scatenare il panico in Afghanistan. Lì, le persone sono arrivate a sognare come terra promessa una zona terremotata piuttosto che pensare di continuare a vivere sotto il buio del regime.