Avvocato, docente universitario, Vicecapogruppo del Partito Democratico alla Camera dei deputati. E, in questa fase, esponente di spicco dell’area bonacciniana. Proprio Stefano Bonaccini, in corsa per la segreteria del partito del Nazzareno, lo ha scelto come coordinatore delle iniziative politiche per il mezzogiorno. Perché Piero De Luca è, forse prima di ogni altra cosa, viste le sue origini e visto il suo impegno politico, un uomo del Sud. Della sua attenzione per il mezzogiorno e del suo impegno nell’ambito dell’attuale fase congressuale dem ha parlato, in esclusiva, ai nostri microfoni.

Piero De Luca, un impegno che fa rima con Mezzogiorno

Ci sono state diverse problematiche relative al tesseramento al Pd in Campania. Ci può spiegare cosa è successo e se la situazione può considerarsi rientrata?

Guardi, mi pare proprio di sì. Credo doveroso specificare anzitutto che si tratta di singoli casi, prontamente identificati e isolati, non di una situazione generalizzata. Sarebbe fuorviante dire il contrario. Peraltro, criticità sono emerse anche in altre aree del Paese e sono state risolte. È interesse comune di tutti che sulle contestazioni siano fatte verifiche scrupolose e rigorose, per assicurare una partecipazione ampia ma al tempo stesso trasparente dei nostri militanti. Del resto, ci sono delle figure di garanzia nelle commissioni regionali e nazionali competenti per procedere a questi controlli. Dopodiché tocca andare avanti e concentrarci sui nostri tanti militanti. Spero qualcuno nona bbia interesse a creare polemiche strumentali o confusione ad arte, semmai per precostituirsi un alibi in caso di risultato non soddisfacente.

In generale, che Pd si aspetta per il Sud Italia all’indomani del congresso in corso?

Qualsiasi sarà l’esito delle primarie stiamo lavorando affinché quello di domani sia un Pd che ponga al centro della sua politica lo sviluppo del Mezzogiorno, di un nuovo Mezzogiorno, nei cui confronti si superi la logica dell’assistenzialismo per puntare a creare condizioni in grado di assicurare crescita sostenibile e strutturale da un punto di vista sociale, economico ed occupazionale. Ma anche un Sud in cui si debbano avere gli stessi diritti, servizi e opportunità di altre aree del Paese, che veda garantiti i c.d. livelli essenziali delle prestazioni relativi ai diritti di cittadinanza da assicurare in modo uniforme in ogni territorio dell’Italia. Un Sud insomma delle eccellenze, della competitività, degli investimenti, che possa essere motore trainante del rilancio dell’intero Paese, invertendo il trend devastante di emigrazione di massa, soprattutto dei giovani, purtroppo registrato negli ultimi anni. E per questo faremo muro rispetto a proposte che aumentino i divari e le diseguaglianze esistenti, senza migliorare l’efficienza delle nostre amministrazioni. Ci opporremo con forza, dunque, alla proposta di Autonomia secessionista della destra, che spaccherebbe in due l’Italia, e difenderemo invece le ragioni di un’Autonomia giusta, che consenta forme di decentramento amministrativo nel rispetto però dei paletti indicati dalla nostra Costituzione: unità, solidarietà e coesione nazionale.

Cosa non va bene nella proposta di riforma Calderoli (autonomia differenziata)? Pensa che durante il lungo iter di legge il testo possa essere migliorato? E se sì, che migliorie proporrete in parlamento?

La proposta di Calderoli è davvero pericolosa. Innanzitutto, non prevede alcun termine entro cui elaborare la definizione dei Livelli Essenziali nelle Prestazioni (LEP) e quindi dei diritti che devono essere garantiti a tutti i cittadini italiani: scuola, sanità, assistenza sociale, sostegno alle famiglie, asili nido, trasporto pubblico locale. Tutti settori su cui bisognerebbe lavorare per recuperare le distanze tra Nord e Sud del Paese ma dei quali questa proposta si occupa solo negativamente, nonostante rappresentino la premessa indispensabile di qualunque processo di Autonomia. Ancora, sempre sulla definizione dei LEP, non si prevede il coinvolgimento del Parlamento, solo un parere tra l’altro non vincolante, e non si stanziano soprattutto le risorse necessarie per recuperare i ritardi oggi esistenti in questi ambiti. Parliamo di almeno 60 miliardi di euro indispensabili per ricucire il Paese. Il tutto consentendo alle singole Regioni di avviare il percorso per intese autonome, consentendo peraltro di finanziare le funzioni da decentrare con il c.d. residuo fiscale: il che significa mantenere parte della tassazione nelle Regioni che l’hanno generata. Quindi, chi ha di più avrà ancora di più e si finirà con il cristallizzare o peggiorare la situazione attuale, cioè la disparità di risorse distribuite e prestazioni assicurate.

Può fare qualche esempio?

Oggi c’è una sperequazione enorme in termine di spesa pubblica aggregata pro capite: 17mila euro al Centro Nord contro 13mila euro nel Mezzogiorno secondo gli ultimi dati disponibili (2019). Oppure rispetto ai servizi educativi per i bambini tra i 0 e i 2 anni: circa 1.300 euro in media contro 277 euro. La presenza di asili nido al Centro Nord è del 32% rispetto alla popolazione, mentre al Sud siamo al 13%. C’è una disparità evidente nella spesa storica, nella distribuzione dei fondi e di conseguenza nei servizi erogati che va assolutamente superata tramite una Autonomia giusta che tra l’altro la nostra Costituzione prevede e che noi sosteniamo. Ma se, e solo se, pensata nell’ottica di una coesione nazionale, all’interno di una cornice unitaria e che agisca davvero per migliorare le funzioni amministrative e burocratiche nel Paese. L’obiettivo è unire e rafforzare l’Italia intera, non creare un’Italia a due velocità.

Il congresso Dem al fianco di Bonaccini

Lei ha definito Bonaccini ‘un modello vincente’. Perché lo è?

Stefano è un ottimo leader, un militante e un ottimo amministratore. In lui coesistono l’idea di una sinistra solidale, progressista e laburista, e la concretezza che deriva dalla sua esperienza e capacità amministrativa. Dall’inizio della campagna per le primarie gira i territori, nelle piazze, tra la gente, accanto alla nostra comunità che ha voglia di rilanciare il proprio impegno per un Paese più equo, giusto e moderno, puntando su alcuni temi prioritari. Dal salario minimo alla tutela delle imprese sane, perché per redistribuire ricchezza occorre produrla. Da un impegno forte per gli investimenti nella sanità e scuola pubblica a politiche di sviluppo sostenibile. Con una visione chiara di un’Europa democratica e solidale. Bonaccini è un vero riformista, con una vocazione maggioritaria, che intende portare il nostro partito ad essere davvero popolare, vicino ai problemi economici e sociali delle persone, in grado di ascoltare e dare risposte.

stefano bonaccini età

I primi giorni di consultazioni nei circoli danno Bonaccini molto avanti. Qual è il sentore? L’impressione, anche a livello di comunicazione, è che il governatore dell’Emilia Romagna parli già da “segretario”…

Si partecipa ad una competizione per vincere, è ovvio. Dopodiché qualsiasi sarà il risultato noi lo accetteremo e contribuiremo a far sì che il Partito Democratico torni ad essere una grande forza di sinistra in grado di rappresentare quella fetta di popolazione che ultimamente ci ha percepito lontani e distanti. Dobbiamo tornare ad essere un partito che parla alla gente e sta tra la gente. Che dia risposte serie, concrete e realizzabili senza subalternità alcuna con altre forze politiche, senza delegare ad altri partiti la rappresentanza di pezzi di Paese o di battaglie sui temi, sulle idee e sui programmi per il futuro dell’Italia. L’obiettivo è costruire un’alternativa vera e credibile a questa destra che sta producendo risultati disastrosi al Governo.

Bonaccini parla di un partito laburista e lei, come sappiamo, è molto sensibile ai temi del lavoro specialmente per il sud Italia. Mi chiedo se non sia il salario minino la prima misura identitaria su cui dovrà battersi il nuovo Pd. È d’accordo? O pensa ci siano altre priorità prima?

La priorità adesso è quella di ridare agli italiani ossigeno e stabilità. E, soprattutto, potere di acquisto. È un momento davvero difficile, con un’inflazione alle stelle, più di 5 milioni e mezzo di persone sono in povertà assoluta e due milioni e mezzo a rischio alimentare. È indispensabile agire subito, questa è la priorità. Urge un impegno deciso anzitutto sul lavoro: con l’introduzione del salario minimo, la lotta al precariato e un taglio strutturale delle tasse per permettere agli italiani di avere una busta paga in più a fine anno. Il tutto senza rallentare – altro che rivedere come vuole questa destra – l’attuazione del Pnrr, fondamentale per interventi su scuola, asili, sanità, infrastrutture, ambiente e digitale. Interventi che, oltre a modernizzare il Paese, creano proprio economia e posti di lavoro. Non solo. Bisogna sbloccare urgentemente i fondi che ci sono già a sostegno dello sviluppo del Mezzogiorno e che questo governo tiene bloccati per una sorta di persecuzione nei confronti del Sud. Penso ai 27 miliardi di risorse del Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2021/2027 e già ripartiti a giugno tra le varie Regioni meridionali, che attendono solo una delibera attuativa del CIPEES che non arriva mai.